«Ecomafie» ha vent`anni: dai rifiuti al'eolico
La relazione tra uomini, ambiente e rifiuti al centro della seconda giornata dei lavori del Forum Greenaccord per la salvaguardia della Natura in corso a Napoli. Un rapporto complesso e conflittuale che include anche la parte oscura costituita dalle ecomafie e le gravi conseguenze sulla salute, di contro le strategie possibili di lotta. A confrontarsi sul tema, che ha acceso l'attenzione della platea, il Procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti; il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo; il coordinatore nazionale dell'Osservatorio sulle ecomafie di Legambiente, Antonio Pergolizzi; il presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, Ermete Realacci, e il direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia, il genetista Antonio Giordano. Richiamandosi al titolo del Forum, "Un futuro senza rifiuti", Spinillo osserva che «oggi dobbiamo dire che siamo desiderosi di ribadire la verità della vita cristiana che condanna ogni forma di organizzazione malavitosa, ogni forma di prepotenza, ogni forma di affarismo per il vantaggio di pochi e che causa danni a tutta la comunità». Attivarsi allora. Bonifiche e differenziata tra le proposte avanzate da Realacci che ricorda quando, a metà degli anni '90, era normalità l'abbandono dei rifiuti anche tossici. Fra pochi mesi il termine "ecomafie", coniato da Legambiente, compirà 20 anni, ma la criminalità ambientale è cambiata: costruisce sinergie mondiali per trasferire i rifiuti all'estero e investe nel fotovoltaico o nell'eolico. La difficoltà di perseguire i reati ambientati è un altro aspetto del problema in Italia. Fino al 2001 chi smaltiva rifiuti illecitamente incorreva solo in una contravvenzione e questo, osserva Roberti, «ci impediva di usare le intercettazioni telefoniche, di coinvolgere l'Interpol e di contestare il reato di associazione a delinquere». Con le norme introdotte tra il 2006 e il 2010 la situazione è diversa. «L'anno scorso poi un protocollo d'intesa tra l'Antimafia e il Corpo Forestale dello Stato ha permesso di fare indagini preventive sui reati ricorrenti e permet tendo un intervento mirato». Da Pergolizzi un duro atto d'accusa: «Se i clan sono entrati nella gestione dei rifiuti è perché il settore era abbandonato dallo Stato. E più i rifiuti erano tossici, pericolosi, difficili da smaltire pervie legali, più i margini di guadagno per la criminalità erano elevati». Non solo la logica del profitto dei clan, cruciale quindi anche la connivenza di professionisti, amministratori, politici. Coniato due decenni fa, ¡I termine si riferisce oggi alle organizzazioni criminali che, in modo massiccio, investono nelle energie alternative ambiente Al Forum Greenaccord di Napoli si è parlato deflenuove strategie per combattere questi reati che, ha detto il vescovo Spinillo, vanno a «vantaggio di pochi», ma «provocano danni a tutta la comunità»