Nasti: il Comune sapeva tutto, ma non poteva rimuoverlo
«L'amianto? Sì, è lì da anni»
I rifiuti speciali a pochi metri da un ospedale e da via Marina. Gli operai hanno dovuto cacciare gli immigrati che dormivano tra i pannelli
25 giugno 2008 - Stefano Piedimonte
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
L'amianto verrà portato via dal Parco della Marinella, per essere trasferito in una discarica adatta. E non importa quanto impiegheranno gli operai a smontare i pannelli che ricoprono la struttura di ferro in via Marina: «sta lì da tanti anni, dai tempi in cui il capannone era utilizzato per un'attività industriale — dice l'assessore all'Ambiente del Comune di Napoli, Gennaro Nasti — Lo sappiamo da sempre, ma non potevamo rimuoverlo perché non eravamo in possesso delle autorizzazioni».
Di quale attività industriale si trattasse, Nasti non lo sa. Non sa dove andrà a finire l'amianto, e non sa quanto tempo occorrerà per risistemare l'area interessata dal progetto.
«Quando ce l'hanno data in consegna era qualcosa di indescrivibile — spiega — Ora non è proprio perfetta, ma ci stiamo lavorando». Non solo «non è proprio perfetta», ma fa addirittura schifo: nell'amianto, che starà lì ancora un paio di giorni, ci vivono gli extracomunitari «sopravvissuti» allo sgombero di qualche mese fa. «Abbiamo rimosso tantissime baracche — racconta l'assessore — ma poi sono rifiorite. Provvederemo a rimuovere anche queste e a pulire l'area dai rifiuti che vi sono stati scaricati. C'è stato qualche ritardo, questo è innegabile, ma speriamo che questa sia la volta buona». Qualche ritardo. Il Parco della Marinella, costato alle casse pubbliche — e a quelle europee — oltre tre milioni di euro, avrebbe dovuto essere terminato nel 2006, ma i tempi sono ancora biblici.
L'amianto però va via, questo sì. Ne trarranno beneficio i passanti, poiché fino a ieri mattina i pannelli non erano coperti né separati in alcun modo dalla strada, ne trarranno beneficio anche i pazienti del Loreto Mare, che sta proprio lì di fronte. Gli operai, che lavorano per una ditta privata, spruzzano sulla tettoia del capannone il «Fixet-D», un liquido incapsulante che evita, in caso di rottura dei pannelli, la disperione nell'aria delle microparticelle cancerogene. Indossano tute e mascherine, e hanno paura di farsi fotografare senza. Questo per preservare il proprio stato di salute, e il proprio posto di lavoro. Peccato che fino al loro intervento le lastre di asbesto fossero completamente incustodite, lasciate all'aria a ridosso di via Marina: «Quando siamo arrivati abbiamo dovuto far spostare un gruppo di immigrati: dormivano qui, sotto all'amianto ». A spaventare commercianti e residenti (sans-papier compresi) sono anche alcuni fusti della Basf Chemical Company abbandonati poco distante, contenenti un superfluidificante per calcestruzzi reoplastici.
Il Comune non riesce a spiegare come mai, in un'area interessata da un progetto di simili dimensioni, si riesca a sversare illegalmente, vengano ritrovati due cadaveri a distanza di poco tempo — quello di un diplomatico canadese e quello di un ghanese ucciso a coltellate — uno stuolo di pesci messi a essiccare, e ora perfino l'amianto. La spiegazione, in effetti, è una sola. Ma illustrarla non spetta ai cronisti.
«Quando ce l'hanno data in consegna era qualcosa di indescrivibile — spiega — Ora non è proprio perfetta, ma ci stiamo lavorando». Non solo «non è proprio perfetta», ma fa addirittura schifo: nell'amianto, che starà lì ancora un paio di giorni, ci vivono gli extracomunitari «sopravvissuti» allo sgombero di qualche mese fa. «Abbiamo rimosso tantissime baracche — racconta l'assessore — ma poi sono rifiorite. Provvederemo a rimuovere anche queste e a pulire l'area dai rifiuti che vi sono stati scaricati. C'è stato qualche ritardo, questo è innegabile, ma speriamo che questa sia la volta buona». Qualche ritardo. Il Parco della Marinella, costato alle casse pubbliche — e a quelle europee — oltre tre milioni di euro, avrebbe dovuto essere terminato nel 2006, ma i tempi sono ancora biblici.
L'amianto però va via, questo sì. Ne trarranno beneficio i passanti, poiché fino a ieri mattina i pannelli non erano coperti né separati in alcun modo dalla strada, ne trarranno beneficio anche i pazienti del Loreto Mare, che sta proprio lì di fronte. Gli operai, che lavorano per una ditta privata, spruzzano sulla tettoia del capannone il «Fixet-D», un liquido incapsulante che evita, in caso di rottura dei pannelli, la disperione nell'aria delle microparticelle cancerogene. Indossano tute e mascherine, e hanno paura di farsi fotografare senza. Questo per preservare il proprio stato di salute, e il proprio posto di lavoro. Peccato che fino al loro intervento le lastre di asbesto fossero completamente incustodite, lasciate all'aria a ridosso di via Marina: «Quando siamo arrivati abbiamo dovuto far spostare un gruppo di immigrati: dormivano qui, sotto all'amianto ». A spaventare commercianti e residenti (sans-papier compresi) sono anche alcuni fusti della Basf Chemical Company abbandonati poco distante, contenenti un superfluidificante per calcestruzzi reoplastici.
Il Comune non riesce a spiegare come mai, in un'area interessata da un progetto di simili dimensioni, si riesca a sversare illegalmente, vengano ritrovati due cadaveri a distanza di poco tempo — quello di un diplomatico canadese e quello di un ghanese ucciso a coltellate — uno stuolo di pesci messi a essiccare, e ora perfino l'amianto. La spiegazione, in effetti, è una sola. Ma illustrarla non spetta ai cronisti.