Intervista a Corrado Catenacci - Catenacci: «Ho combattuto mafia e clan, ma sono stato arrestato per la monnezza»
Ho affrontato ogni sorta di difficoltà, ho litigato con i potenti, ora la giustizia dica se sono colpevole o innoccente
NAPOLI — «Ho letto una cosa strana sui giornali in occasione dell'assoluzione di Antonio Bassolino che stimo sia perché era preparato tecnicamente, sia perché mi ha sempre aiutato».
Prefetto Catenacci, qual è la cosa strana? «La cosa strana è che l'ex procuratore Lepore rivendica di aver fatto aprire con la sua inchiesta il termovalorizzatore di Acerra. Ebbene, non è così, perché se c'è uno che nel bene e nel male porta la responsabilità di quell'impianto, quello sono io».
Corrado Catenacci, 77 anni, ex commissario per l'emergenza rifiuti in Campania dal 2004 al 2006, non è mai stato un tipo troppo diplomatico. Nella sua carriera di prefetto ha fatto sciogliere 25 Comuni per infiltrazioni mafiose. E stato il primo a far sciogliere Casal di Principe.
Da commissario ai rifiuti ha fatto aprire in Campania cinque discariche e l'unico termovalorizzatore. Ha litigato con politici nazionali, con sindaci, con sacerdoti che guidavano le proteste.
Qualche nome? «Con Mastella all'epoca della discarica di Tre Ponti è finita a parole grosse. E poi ricordo le schermaglie con Tommaso Sodano, quand'era senatore e capeggiava l'opposizione all'impianto di Acerra, sosteneva che durante gli scontri la polizia gli aveva rotto una mano. Lo vidi dopo un po' e, con la scusa di salutarlo, gliela strinsi forte: lui non fece una piega. E io, con faccia tosta, gli dissi: ma come, è già guarito?».
Insomma, lei aperto l'impianto di Acerra, ma non le ha portato bene. È ancora sotto inchiesta per la brutta storia del percolato gettato a mare... «Per la precisione sono stato tra i pochi ad essere arrestato. Quattro giorni ai domiciliari nel 2011 con un'accusa assurda. Invece il percolato avevamo deciso di metterlo nei depuratori perché prima del mio intervento finiva direttamente in acqua. Lo sapevano tutti, lo avevamo deciso dopo riunioni con Bertolaso e altri. Ora, due anni dopo quella vicenda, non so ancora cosa pensi di me la giustizia, io un prefetto che ha combattuto la mafia quando ancora non c'era la legge Rognoni-La Torre. Vorrei che si facesse luce sul mio lavoro, perché una cosa è certa: io non ho mai autorizzato a far gettare nemmeno un litro di percolato a mare».
Torniamo al termovalorizzatore di Acerra, perché ne rivendica il merito dell'apertura? «Innanzitutto perché è la verità e poi perché comunque la si pensi senza quell'impianto oggi saremmo ancora con l'immondizia fino al collo. Lo volevano in pochi, anche tra le istituzioni, persino le imprese che dovevano gestirlo perché, parliamoci chiaro, tutti sapevano che sarebbe stata una rogna. Durante una delle ultime riunioni, Guido Bertolaso mi prese sottobraccio chiedendomi se potevamo rinviare la decisione. Gli risposi: "Guido, o apriamo il cantiere entro un mese, oppure mi dimetto". Ne avevamo bisogno perché in Campania eravamo al collasso e non c'era alternativa».
Quando sono cominciati guai? «I guai veri sono arrivati dopo che ho fatto mandare via la Fibe. Sono rimasto io ad affrontare i problemi, io solo con il cerino in mano. Ovviamente non mi sono mai tirato indietro, non ho mai rifiutato le responsabilità. Durante gli anni in cui sono stato commissario ai rifiuti ne ho viste di tutti i colori. Terreni destinati a discarica che venivano comprati e poco dopo rivenduti a prezzi quadruplicati, intrallazzi vari. Io ho presentato almeno diciassette denunce praticamente a tutte le Procure della Campania. Spero che siano state fatte indagini sulle vicende che ho denunciato. Soprattutto oggi mi preme sapere, tre anni dopo il mio arresto, se la giustizia ritiene che Corrado Catenacci sia colpevole o innocente. Penso che dopo una vita di fedele servizio allo Stato almeno questo lo merito».