«Fallita la bonifica di Bagnoli a giudizio gli amministratori»
Disastro ambientale, falso, truffa e favoreggiamento: questi i reati di cui, a vario titolo, dovranno rispondere i 21 amministratori e dirigenti per il quali il pm ha richiesto il rinvio a giudizio. L'inchiesta riguarda la bonifica di alcune aree di Bagnoli, precisamente quelle dove insistevano ex Italsider ed Eternit. Tra i 21 per i quali si chiede il processo, due ex vicesindaci ed expresidenti di Bagnoliultura, Sabatino Santangelo e Rocco Papa; un ex direttore generale del ministero dell'Ambiente, Gianfranco Mascazzini; e poi Carlo Borgomeo e Mario Hubler, ex direttori generali di Bagnolifutura; Gianfranco Caligiuri, responsabile della pianificazione e dello svolgimento della bonifica; Alfonso De Nardo, dirigente dell'Arpac.
A sette mesi dal sequestro dei suoli, e a quattro dall'avviso di chiusura indagini, è scattata la richiesta del Pm Stefania Buda di rinvio a giudizio dei 21 imputati nell'inchiesta sulla bonifica di alcune aree di Bagnoli, precisamente dove insisteva l'ex Italsider e l'Eternit. I reati - contestati a vario titolo - vanno dal disastro ambientale, al falso, truffa e favoreggiamento. Nella sostanza, secondo la Procura di Napoli, la bonifica o è stata fatta male oppure non è stata mai eseguita. Spiccano, tra i 21 per quali si chiede il processo, due ex vicesindaci ed ex presidenti di Bagnolifutura, Sabati no Santangelo e Rocco Papa, un ex direttore generale del Ministero dell'Ambiente, Gianfranco Mascazzini; e poi CarloBorgomeo e Mario Hubler, ex direttori generali di Bagnolifutura, Gianfranco Caligiuri, direttore tecnico della Bagnolifutura e responsabile della pianificazione e dello svolgimento della bonifica. Infine Alfonso De Nardo, dirigente del Dipartimento provinciale dell'Arpac di Napoli. L'Arpac è uno degli enti che ha l'obbligo di certificare l'avvenuta bonifica o meno dei suoli. Nei prossimi giorni il gup (giudice per l'udienza preliminare) fisserà la data dell'udienza e si capirà se ci sarà processo o meno.Sul fronte della Bagnolifutura e dunque del Comune, invece, si aspetta il 18. Data in cui si terrà l'udienza del Mésame in merito all'istanza di dissequestro delle aree avanzata dalla stessa società di trasformazione urbana che ha in canco la bonifica delle aree ex Italsider. Non dovrebbe essere questa l'unica mossa della difesa. Si lavora a un dossier con il quale si viene incontro alle richieste della Procura, che nel voluminoso atto di sequestro, indica anche la strada da seguire per risanare quelle aree. Potrebbe essere questa una possibilità di avere almeno il dissequestro delle aeree. Con sullo sfondo la lettera che la stessa Procura ha inviato a tutti gli entilocali e soprattutto al ministero dell'Ambiente, nella quale si spiega che il sequestro dei terreni non deve essere un alibi per continuare a non fare nulla. Come dire, che la questione Bagnoli è aperta da 20 anni, e non si può scaricare sui magistrati (intervenuti solo ad aprile di quest'anno, per verificare il fiume di soldi arrivato a Napoli in 4 lustri per il risanamento come è stato utilizzato) quelli che sono ritardi da attribuire in gran parte alla politica. Uno scenario difficile e complesso, su Bagnoli sembra essersi abbattuta una specie di maledizione. E quello che emerge dall'inchiesta dei pm è roba pesante come i metalli che si producevano nella exfabbrica del ferro. Seduti attorno allo stesso tavolo controllori e controllati - per mantenere in piedi un progetto, al di là della sua concreta realizzazione. È il punto più duro dell'inchiesta sulla bonifica di Bagnoli, quello che ha determinato il sequestro dei suoli. Sei anni dopo l'inizio della stessa inchiesta (le prime attività dei carabinieri del Noe risalgono al 2007), dove si scrive apertamente che quella dell'area occidentale è una «bonifica virtuale», a dispetto degli oltre cento milioni di euro investiti dallo Stato. I tempi sono l'unico vero grande elemento di frizione tra Palazzo San Giacomo e la Procura. Omero Ambrogi, presidente della Bagnolifutura, e soprattutto exmagistrato e giudice, sulla materia ha sempre detto che «troppi anni sono passa ti dall'inizio dell'indagine ai sequestro dei suoli». Inchiesta condotta dai procuratori aggiunti Francesco Greco e Nunzio Fragliasso e dal pm Stefania Buda. Chiaro il ragionamento degli inquirenti, nel decreto si usa una metafora: se prima c'era un inquinamento «a macchia di leopardo», oggi l'inquinamento è stato spalmato, al punto da provocare l'aggravamento dello «status quo ante» l'inizio della bonifica. Decisiva la variante del novembre del 2006, con cui viene cambiata la funzione del territorio da riqualificare, con una sorta di «degradazione dell'obiettivo della bonifica»: invece di uso residenziale, si passa all'uso commerciale.