Tre milioni di ecoballe, scaricabarile sui costi di gestione

Su chi ricadranno i costi? Decisive le motivazioni della sentenza di assoluzione
6 novembre 2013 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Toccherà alle Province custodire i tredici siti dove restano depositati gli oltre tré milioni di tonnellate di ecoballe finora rimasti sotto sequestro. Lo hanno deciso i giudici Maria Adele Scaramella, Antonia Napolitano Tafuri e Giuseppe Sassone nella sentenza di assoluzione per Antonio Bassolino e i vertici Fibe.
Ma a chi spenerà pagare le spese di custodia, guardiania, smaltimento del percolato e fitto delle piazzole? E soprattutto chi sborserà i milioni necessari per smaltire i sei milioni di tonnellate di ecoballe che infestano la Campania? Tré milioni di tonnellate sono state prodotte quando gli impianti erano affidati a Fibe e sono state anche messe in bilancio come voce attive dalla società fino alla rottura del contratto. Capire chi pagherà per smaltirle è un problema centrale per il decollo di un piano concreto per liberarsene.
Nicola Dell'Acqua, responsabile dell'unità tecnico operativa che sta chiudendo la contabilità di tredici anni di emergenza, non ha dubbi: «La sentenza non cambia assolutamente niente. Le balle prodotte fino al 2006 sono di proprietà di Fibe che dovrebbe coprire i costi di smaltimento. Bene fanno Regione e ministero dell'Ambiente a cercare la solu zione per eliminarle, ma lo smaltimento dei materiali prodotti prima del 2006 devono essere a carico della società milanese. Le balle sono di chi le ha prodotte stoccate e ha ricevuto la tariffa». Meno certo di come andrà a finire, l'onorevole Paolo Russo, nel 2005 presidente della commissione ecomafie che denunciò molte delle storture del sistema di smaltimento dei rifiuti: «Bisognerà guardare con attenzione le motivazione della sentenza sperando che non si tratti dell'ennesima beffa a danno dei cittadini campani. Non vorrei che gli oneri per lo smaltimento delle balle, e parliamo di oltre duecento milioni di euro, dovessero essere pagati dagli ignari abitanti della regione. Al danno ambientale si aggiunge la beffa economica». La pubblicazione della sentenza e delle sue motivazioni sarà utile anche a capire a chi andranno addossati i costi fino a che le balle resteranno sulle piazzole. Fino a ieri erano sotto sequestro in tutta la regione tredici siti. Sei in Provincia di Napoli: l'area Asl di Caivano, Cava Giuliani, Ponte Riccio, Cava Sari, i capannoni Igica di Caivano, una parte delle piazzole di Taverna del Rè. Quattro in provincia di Caserta: l'area dell'impianto di depurazione di Marcianise, località Lo Spesso, località Brezza di Capua, località Pozzo Bianco a Santa Maria la Fossa. Una in provincia di Avellino: l'area ec Cdr di Pianodardine. Due in provincia di Benevento: l'area ex Cdr di Casalduni e località Toppa Infuocata a Fragneto Monforte. Tenerle lì costa una montagna di soldi. La sola provincia di Napoli spende perla vigilanza dei siti, un milione e mezzo all'anno. 4 milioni e 800 mila euro all'anno se ne vanno per la manutenzione affidata al consorzio unico di bacino. E Ogni anno bisogna portare 26 mila tonnellate di tonnellate agli appositi impianti con un costo che va dai 45 ai 78 euro a tonnellata. E poi c'è il costo delle piazzole: più di duecentomila euro all'anno. Soldi finora anticipati dalle società provinciali che però aspettano un rimborso.

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