Caso Pomì, Regione in campo "Nostri prodotti supercontrollati"
«I prodotti della Campania sono super controllati. E anzi: lo sono più di altri, proprio per le vicende del passato». Poche parole ma aspre. Così il governatore Stefano Caldoro interviene con nettezza nella polemica innescata dalla pubblicità shock dell'azienda Pomì, che ha pensato bene di promozionare il suo prodotto puntando il dito, seppur implicitamente, sulle paure sollevate dalla mobilitazione della Terra dei fuochi. "Solo da qui.
Solo Pomì", attacca infatti lo slogan made in Padania. E poi: "Pomì utilizza solo pomodori freschi coltivati nel cuore della Pianura Padana". Una scelta che ha fatto indignare cittadini, agricoltori e imprenditori. E mentre associazioni e blogger, come Francesco Borrelli e Gianni Simioli, annunciano il tam tam per «il boicottaggio del marchio», scatta la levata di scudi anche nelle istituzioni, a partire dalla Regione. Con Caldoro che avanza una proposta, alludendo al noto autolesionismo campano: «Dobbiamo rendere noto il contrario: comunicare per quante aree e quanti prodotti i controlli hanno dato parere assolutamente rassicurante e positivo».
Torna sull'argomento con durezza anche l'assessore regionale all'Agricoltura Daniela Nugnes, che già si era mossa per tempo contro il rischio di una «generalizzazione dannosa e criminale». Ora la Nugnes striglia «i furbetti del mercato», sottolinea che «non è assolutamente corretto cercare di farsi pubblicità su un disastro ambientale che dovrebbe diventare caso nazionale e non un appiglio per ulteriori discriminazioni», e pur ribadendo «l'importanza della tracciabilità dei prodotti», contesta «questo gioco che si consuma sulla pelle degli agricoltori campani, soprattutto alla luce dei risultati appena diffusi dall'Istituto superiore di sanità che ha certificato la salubrità di tante produzioni in un'area pur considerata a rischio, nel giuglianese». La Nugnes ipotizza anche un altro, non nobile, scenario: «Non vorrei - dice - che questa strategia di marketing celasse un disegno per cercare di ribassare ulteriormentei prezzi del prodotto campano che, è bene ricordarlo, dal punto di vista qualitativo, organolettico e di tipicità, non è secondo a nessuno». E va all'affondo anche Paolo Romano, presidente del consiglio regionale: «Il nord non può permettersi di essere "untore" dei nostri prodotti agroalimentari. Aziende del Nord, in passato, hanno sversato da noi con la complicità della camorra, e oggi vorrebbero imporci il doppio danno? La Pomì ritiri la pubblicità e risarcisca il danno materiale e morale».
Ma lì in Padania nessuno pensa al passo indietro dello slogan.
«Non era nostra intenzione creare alcun tipo di discriminazione o polemica», sottolinea Costantino Vaia, proprietario della Pomì. Chiarisce l'azienda in una nota: «Quell'annuncio nasce con l'intento di essere il più trasparenti possibile, anche in virtù della richiesta, sempre più insistente, di consumatori e grande distribuzione, in merito alla provenienza del nostro pomodoro.
Siamo una realtà radicata in un territorio, i nostri prodotti e ogni nostra azione sono l'espressione di questo legame».
Intanto interviene la politica. I parlamentari di Sel, illustrando la loro mozione sulla Terra dei fuochi, in discussione alla Camera, chiedono «l'impegno serio e straordinario per bonifiche e rilancio produttivo, e per l'introduzione di un registro regionale dei tumori». Inoltre annunciano la manifestazione "Questa terra è la mia terra. Non lasciamola bruciare" per sabato 9 novembre, alle 10, al teatro Ali di Villaricca.