«Con me danneggiata Napoli ho fatto errori ma sono onesto»
Il ruolo «Mai preso un euro di stipendio alla guida della struttura speciale»
Solidarietà «Ho ricevuto messaggi da persone a me vicine I politici? Non ancora, arriveranno»
«È una bella giornata. Voglio usare la definizione di Raffaele La Capria, perché per me questa sentenza di assoluzione è una liberazione, dopo un lungo calvario». Antonio Bassolino ieri aveva m programma, già di suo, una giornata intensa. Sapeva che qualcosa d'importante stava per accadere, doveva accadere, ma si era organizzato come sempre. «Ho avuto la notìzia mentre uscivo dalla sede della Fondazione Sudd per andare ad Afragola a far visita alla tomba dei miei genitori». La co incidenza l'ha com mosso. «Sì, quella visita rituale ha avuto tutto un altro significato, molto più intenso, più ricco». Insomma, lui l'ha preso come un segno. E chissà che non gli sia scappata anche una preghiera, laica, ma pur sempre preghiera. Nel pomeriggio Bassolino è partito per Bari, dove ha presentato il suo libro «Le Dolomiti di Napoli», insieme al sindaco democrat Michele Emiliano. E lungo il viaggio in autostrada non ha fatto altro che rispondere ai messaggi che gli arrivavano a raffica sul telefonino sempre più rovente.
Presidente, quale stata la sua prima reazione quando la saputo dell'assoluzione? «Ho tirato un grande sospiro di sollievo, ovviamente, anche se ero sicuro della mia innocenza e sapevo perfettamente di non aver mai fatto nulla di illegale e di penalmente rilevante».
Dicono sempre tutti così. «Ma io avevo un motivo in più di preoccupazione».
Cioè? «Sebbene i miei avvocati, in questi cinque anni, non abbiamo mai cercato di allungare i tempi del processo, con le tecniche che altri usano legittimamente e in modo indiscriminato, chiedendo rinvii a ripetizione, anzi, pur di procedere celermente, abbiamo rinunciato persino a molti testimoni a favore, nonostante tutto questo, a causa delle lunghe procedure della giustizia, erano intervenuti i tempi della prescrizione».
La prescrizione, per lei, sarebbe stata una vittoria mutilata? «Certamente. I giudici potevano limitarsi a prendere atto della prescrizione, ma invece, autonomamente, sono voluti entrare nel merito, arrivando a un'assoluzione piena perché il fatto non sussiste».
Doppio sospiro di sollievo. «Soltanto io so quello che ho passato in questi anni. Accuse e insulti che avrebbero ammazzato un toro. Ma ho sempre avuto le spalle forti, grazie ai decenni di militanza politica che mi hanno forgiato, mi hanno allenato ad affrontare situazioni difficili. Altri sarebbero stati travolti politicamente e definitivamente. Ho resistito e sono stato aiutato dal sostegno di tanti semplici cittadini, vecchi compagni, operai, gente comune che mi conosceva bene. Sono stati la mia forza, oltre alla famiglia e agli avvocati».
Invece, molti colleghi politici si sono defilati. «Nel mio linguaggio politico non esiste la parola tradimento e quindi non la adopero. Però ho visto attorno a me tanta ingratitudine e tanto opportunismo da parte di presunti amici che scendevano dalla nave in tempesta».
Ha sentito già qualcuno? «Ora sono in macchina verso Bar. Ho avuto tanti messaggi. Soprattutto di amici personali».
Nessun politico? Nessuno del Pd? «E ancora presto, arriveranno».
Intanto, però, nella Rete, tra social network e blog, prevale l'indignazione. In tanti pensano che la sua assoluzione sia un'ingiustizia. Lei che cosa ne pensa? «Sono le reazioni di chi confonde fatti diversi, che ripete logori cliché, che non ha approfondito. Il processo riguarda fatti accaduti dal 2000 al 2005. La sentenza è importante perché chiarisce che io non ho tratto nessun beneficio dalla mia carica di commissario per i rifiuti. Anzi, io ho rinunciato allo stipendio, che altri, prima e dopo di me, hanno legittimamente percepito. Altri dalla vicenda dei rifiuti hanno avuto benefici, io solo danni, soprattutto d'immagine. E con me è stata danneggiata anche la città di Napoli, l'immagine della mia città. Per questo, ora sono lieto in particolare per Napoli e per i suoi cittadini che possono sapere di aver avuto un buon sindaco e un buon presidente di Regione».
Be', insomma, gli errori ci sono stati, altrimenti non avremmo avuto la catastrofe della monnezza che è diventata drammatica appena due anni dopo i fatti al centro del processo. «Ho fatto errori politici, lo ammetto. Innanzitutto quello di essermi ricandidato alla presidenza della Regione nel 2005. Non si può restare in carica, tra città e Regione, per tanto tempo, per oltre sedici anni».
Solo questo? «Anche di non essere riuscito, insieme agli altri commissari che sono venuti dopo di me e ad altre istituzioni, a uscire rapidamente dall'emergenza dei rifiuti che ancora oggi incombe su Napoli. Però, nessuno può mettere in dubbio la mia onestà. Io sono una persona onesta e ora, con questa sentenza, posso guardare la città a testa alta. Ho pagato politicamente, assumendomi le mie responsabilità e anche quelle di altri che non l'hanno fatto. L'assoluzione piena riguarda altro rispetto all'emergenza successiva, ma non supera i problemi politici che ci sono stati».
Impossibile cancellarli. «Io dico che non li supera, perché in parte devono ancora essere affrontati strutturalmente per evitare crisi sempre incombenti e ricorrenti». Ora, lei dice che può guardare la città a testa alta. E anche pronto a ricandidarsi a sindaco, come, nonostante le sue precisazioni e negazioni, pensano tutti? «Ora il mio impegno è dedicato completamente alla promozione del libro che ho scritto».
Nessuno crede che lei da grande voglia fare lo scrittore. «Mettiamola così, allora: per me è importante il rapporto umano, sentimentale e carnale, con la città».
Solo questo? «Ma io non posso impedire alla gente di pensare quello che vuole. Più che negare che posso fare? La verità è che a Napoli viviamo da anni un grande vuoto politico».
Che lei vorrebbe riempire... «Napoli ha ben altri problemi rispetto a quelli che riguardano il mio futuro politico. Problemi seri. Se questi problemi non ci fossero nessuno penserebbe a me come un probabile candidato».
Allora che farà? «Se mi viene chiesto di dare una mano lo farò».
E se non le viene chiesta? «La darò lo stesso».
Ecco. «Ma a livello culturale, come sto facendo da anni, da quando presiedo la Fondazione Sudd».
Qual è stato il momento più duro in questi cinque anni? «Durante il processo sono stato sempre sereno e collaborativo con la giustizia. Non ho usato mai una parola di troppo e ho sempre avuto il massimo e totale rispetto per la magistratura e un'estrema fiducia nei giudici. Il momento più critico è stato il rinvio a giudizio, l'inizio del processo. È stato un colpo durissimo. Ma l'assoluzione ora mi da ragione. La gioia si mescola, però, alla tristezza per le prove che ho dovuto affrontare. E so già che lo spazio che verrà dato a questa sentenza in mio favore sarà di gran lunga minore al martellamento di quei giorni terribili. Ma ora voglio godermi la mia bella giornata».