Rifiuti e camorra, condanne per 80 anni
Riconosciuto il risarcimento per i Comuni di Marcianise, Casapulla e Santa Maria Capua Vetere
NOLA - Gli investimenti della camorra nel mercato dei rifiuti. Con 12 condanne e 33 tra assoluzioni e prescrizioni si è concluso ieri sera il processo sul presunto sistema di società ed imprese messo su dal clan Belforte di Marcianise per gestire e controllare un settore estremamente e tristemente redditizio. Riconosciuto il risarcimento dei danni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell'Interno, alla Regione Campania, alle Province di Napoli e Caserta, ai Comuni di Maicianise, Casagiove, Casapulla e Santa Maria Capua Vetere. Disposta la confisca di una decina di società, come la Ecomediterranea, operanti nel settore dei rifiuti, di immobili e conti correnti già posti sotto sequestro dalla Procura di Napoli al termine delle indagini. Stabilito, inoltre, che vengano inviati in Procura gli atti emersi nel corso del processo relativi ad un'ipotesi di corruzione sulla quale, quindi, verranno disposti ulteriori accertamenti. Il pubblico ministero della Dda, Maria Cristina Ribera, aveva chiesto condanne per i reati, contestati a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito di rifiuti, truffa aggravata ai danni di ente pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita ed estorsione, a 326 anni e il riconoscimento dell'aggravante dell'articolo 7 per tutti gli imputati. I giudici del collegio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere presieduto da Maria Francica, però, hanno emesso sentenza di condanna solo per Nicola Boccalato, Giuseppe Buttone, Agostino De Filippo, Mauro Della Curii, Pasquale Di Giovanili, Antonietta Forte, Andrea Froncillo, Marisa Francesco Maietta, Rosa Mezzacapo, Vincenzo Negro e Tommaso Valentino. Esclusa, inoltre, l'aggravante della finalità mafiosa per tutti, tranne che per Buttone e Di Giovanni. Assolto con formula piena l'ex dirigente del Consorzio Antonio Scialdone, difeso dagli avvocati Pietro Romano e Ferdinando Ludione.
Il processo, durato diversi anni, è scaturito da un'ordinanza emessa nel maggio del 2009 che portò a cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere, 44 indagati e al mega sequestro di un impero economico del valore di circa 40 milioni di euro tia immobili, conti correnti, terreni e società. La camorra marcianisana, secondo l'impianto accusatorio, avrebbe deciso di investire nel settore dei rifiuti, potenzialmente molto più redditizio e, soprattutto, meno rischioso, di quello della droga. Nelle decine di imprese attenzionate dalla magistratura sarebbero stati convogliati i proventi delle attività illecite ed i ricavi delle estorsioni e dell'usura. Le stesse ditte sarebbero riuscite ad ottenere la supremazia del mercato sfruttando il totale controllo del territorio grazie all'operatività militare del clan arrivando ad assumere una vera e propria posizione monopolistica nel settore dell'intermediazione dei rifiuti. L'organizzazione camorristica avrebbe articolato le proprie attivila in quattro distinti ambiti operativi: l'apparente intermediazione dello smaltimento dei rifiuti svolta dalle società Cepi ed Ecomediterranea (il clan avrebbe imposto alle piccole e medie attività artigianali di avvalersi, per lo smaltimento dei rifiuti prodotti, di impianti individuati per toro conto dalla Cepi e dalla Ecomediterranea, ovvero società di intermediazione di rifiuti direttamente controllate dal clan Belforte); la predisposizione di una filiera di società senza alcuna struttura impiantistica, cosiddette 'società cartiere'; la creazione di gruppi di ditte dotate invece di impiantistica per le attivila di recupero e smaltimento dei rifiuti; l'imposizione del pagamento di somme a titolo di estorsione nei confroi delle ditte operanti nel settore del gestione dei rifiuti, dislocale sul territorio di propria pertinenza. Nel collegio difensivo gli avvocati Ferdiñando Letizia, Francesco Sacchetti, Francesca Luongo, Giieseppe Foglia, Renato Jappelli, Angelo Raucci e BernardiNO Lombardi.