Boldrini: sul sito di Montecitorio l'audizione in commissione Assicuriamo trasparenza sui rifiuti tossici

Schiavone: così ho avvelenato la Campania

Pubbliche le accuse del pentito, nessuna novità. «Affare da 700 milioni al mese»
1 novembre 2013 - Daniela De Crescenzo
Fonte: Il Mattino

Chi si aspettava grane i novità dalle dichiarazioni rese il 7 ottobre del 1997 da Carmine Schiavone alla commissione ecoma e presieduta da Massimo Scalia e desecretate ieri, resterà probabilmente deluso. Le affermazioni sui rifuiti nucleari arrivati dalla Germania, sui veleni finiti anche nel lago di Lucrrino , sulle falde acquifere avvelenate, sono già state attentamente vagliiate dai magistrati. Tutto quello che il pentito ha detto ai parlamentari lo aveva detto anche ai giudici e le dichiarazioni sono state utilizzate in molti dei procedimenti di questi anni: in alcuni casi le denunci di Schiavone hanno trovato risconti i e hanno portato a delle condanne in altri no. Ma al di là dell'aspetto giudiziario, il racconto del pentito, la sua ricostruzione di quindici anni di malaffare e connivenze, resta comunque avvincente e inquietante. Schiavone spiega di essere stato fregato dai suoi stessi soci: inizialmente, infatti, i traffici furono gestiti dai singoli boss e i proventi non finirono nelle casse del clan. Fu solo quando il collaboratore venne a sapere dei viaggi dei veleni, che i guadagni arrivarono, almeno in parte, nella cassa comune: « All'epoca tenevo ancora il relativo registro - dice - in cui figurava che, per l'immondizia, entravano 100 rmilioni al mese, mentre poi mi sono reso conto che in realtà il profitto era di almeno 600-700 milioni». Quindi Schiavone ricostruisce una sorta di ciclo continuo della truffa. I casalesi erano coinvolti grazie ai subappalti in tutte le grandi opere, dalla ri sistemazione dei Regi Lagni alla superstrada che univa Caserta a Lago Patria e Castel Volturno. Gli appalti erano gestiti da grandi imprese: Schiavone ricorda Italstrade, la Icar, le aziende dei gruppi Feriamo e Cabib, Il movimento terra toccava trattava ai Casalesi. Si trattava di scavare e poi le buche furono riempite dai rifiuti provenienti soprattutto dal nord.
Per seppellirli un'organizzazione dall'«efficienza militare».
Schiavone parla anche di rifiuti nucleari e spiega: «Arrivavano camion di fanghi nucleari dalla Germania». Scalia chiede maggiori precisazioni sulla localizzazione dei fusti e il pentito risponde: «Alcuni dovrebbero trovarsi su di un terreno su cui oggi ci sono i bufali e su cui non cresce l'erba vicino alla superstrada». Altri fusti furono sotterrati in un terreno dietro il campo sportivo di Casal di Principe (la cosa era già stata denunciata anche dall'ex sindaco Renato Natale) di proprietà del genero di Schiavone e in un deposito di materiale edile: alcuni furono rintracciati, ma non risultarono radiattivi.
Poi il pentito elenca «fusti che contenevano tuolene, ovvero rifiuti provenienti da fabbriche della zona diArezzo: si trattava di residui di pitture», «I rifiuti venivano anche da Massa Carrara, da Genova, da La Spezia, da Milano. Vi sono molte sostanze tossiche, come fanghi industriali, rifiuti di lavorazione di tutte le specie, tra cui quelli provenienti da concerie. Vi era anche qualche camion che proveniva dall'estero». Scalia chiede dei fanghi dell'Acna di Cengio e Schiavone risponde: «Pure a Villaricca abbiamo fatto scaricare 520 fusti tossici. Durante lo scarico, un autista rimase cieco». E qui il riferimento è a Michele Tamburrino, l'uomo che fini in ospedale e per primo cominciò a raccontare degli sversamenti dei veleni.
Il tutto finiva vicino alla falda acquifera. Per questo Schiavone annuncia il disastro: «Gli abitanti del paese rischiano tutti di morire di cancro entro 20 anni; non credo infatti che si salveranno: gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Voltumo e così via, avranno, forse, venti anni di vita».
Il pentito individua anche tutte le persone coinvolte nel traffico: si tratta di malavitosi, politici e imprenditori finiti nelle indagini successive: da Cicciotto Bidognetti, a Mario lovine a Francesco Schiavone, dall'alloraassessore Pen-one Capano, a Cipriano Chianese, a Gaetano Cerei, ai gestori della Di Fra.Bi di Pianura. Molteplici gli intrecci trai protagonisti dei traffici e la massoneria.
I commerci correvano su un doppio binario: c'erano i rifiuti che le imprese destinavano direttamente ai clan che li smaltivano nelle fondamenta delle strade, dei palazzi, delle opere pubbliche, o nei terreni agricoli e quelli che formalmente arrivavano nelle discariche autorizzate, ma che difatti i manager cedevano ai boss. «Altrimenti le discariche avrebbero dovuto esaurirsi molto prima», nota il collaboratore. Un meccanismo complesso e in parte confermato da sentenze giudiziarie: molto, però, resta ancora da scavare per evitare che chi ha lucrato negli anni passati possa continuare a farlo impunemente.
La deposizione di Schiavone è da ieri pubblico: «Sul sito Camera si può già leggere il testo desecretato delle dichiarazioni di Schiavone. Trasparenza sui rifiuti tossici», ha scritto su Twitter la presidente della Camera, Laura Boldrini. La decisione di desecretare gli atti, visto il parere favorevole del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, è stata presa dall'ufficio di presidenza della Camera. Soddisfazione è stata immediatamente espressa dal coordinatore campano di Sinistra ecologia libertà, Arturo Scotto e da Valeria Valente, deputata Pd e segretario di presidenza della Camera dei Deputati. La senatrice Pd Rosaria Capacchione spiega: «Sono soddisfatta della decisione di rendere accessibili verbali che già in altri luoghi processuali erano stati esa minati. Se la scelta fosse arrivata negli anni passati si sarebbero evitate oggi allarmismi e speculazioni su un tema tanto grave e delicato».

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