L'allarme C'è chi specula: compra a prezzi ridotti e tarocca l'origine

Ortofrutta, contratti disdetti gli agricoltori: crollo del 30%

E a Sarno genitori in rivolta contro un panificio di Giugliano
10 ottobre 2013 - Antonio Menna
Fonte: Il Mattino

Il veleno è nella coda, e può essere il colpo mortale. Non c'è pace per la terra dei fuochi. Proprio quando sale, finalmente, l'attenzione su un fenomeno troppo a lungo ignorato, suona la campana di un nuovo pericolo: il contraccolpo sull'economia regionale, soprattutto quella del comparto agricolo e alimentare. Gli agricoltori parlano di 30-40 per cento in meno di vendite. C'è chi dice anche di più. «Vendevo sui mercati di Roma e Firenze, adesso i commissionari mi hanno mollato», si sfoga un produttore. La Campania tossica rischia di diventare un marchio nero. La denominazione di origine avvelenata. Un "Doc" all'incontrario. Se ne lamentano i contadini che hanno difeso con i denti le loro terre, scontando la pena del frutto sano tra le mele marce. Ma se ne lamentano anche i piccoli industriali, sopravvissuti a fatica allo smantellamento produttivo di questi anni, che non posso no più dire da dove vengono. «Mi risulta che in alcuni super mercati del nord sono comparsi cartelli con la scritta "Non abbiamo ortofrutta campana" - denuncia il direttore della Coldiretti Campania, Prisco Lucio Sorbo -; in altri casi, invece, pare che la nostra produzione venga segnalata con l'indicazione di "Ortofrutta campana certificata". Sono i segnali che in questa drammatica vicenda corriamo rischi molto seri». La Campania è la terza regione in Italia per produzione agricola. Ci sono ben 335 prodotti tradizionali: arricchiscono un paniere unico, che regge alla crisi, anzi addirittura cresce, crea posti di lavoro, soprattutto grazie alle esportazioni. Solo nel primo trimestre del 2012 l'export dei pro dotti agroalimentari campani è valso 2,1 miliardi di euro, più di quanto fatto nell'intero 2011. «Bisogna assolutamente fare chiarezza - continua Sorbo -, altrimenti la psicosi ci travolgerà». È l'effetto Chemobyl, quello che terrorizza i produttori campani. La paura di finire in un cono di diffidenza indiscriminata. È tutto veleno, senza distinzioni. Come è successo a Samo, l'altro giorno, dove è bastato che sulle bustine monodose di pane della mensa scolastica ci fosse scritto Giugliano per spingere 38 mamme a chiedere al Comune la sospensione del servizio. «Da quando il tema dei rifiuti tossici è finito sulle prime pagine - conferma Giuliano Migliaccio, titolare di un'azienda agricola tra Giugliano e Villa Literno - è cresciuta la diffidenza. Hai voglia a produrre certificati, il timore si legge negli occhi dei nostri clienti. Non solo rispetto ai prodotti, ma verso le nostre persone. E come se ci avessero avvelenato anche la reputazione». Stimare, in questo momento, il calo degli affari in seguito agli scandali dei rifiuti tossici e dei roghi, è difficile, forse prematuro, nonostante gli azzardi empirici degli agricoltori. «Lo misureremo nei prossimi mesi continua il direttore regionale di Coldirettì -. Ma le avvisaglie ci sono. Il rischio è anche speculativo: potrebbe esserd interesse a deprezzare i nostri prodotti, a comprarli sottocosto e rivenderli con altra provenienza. Per uscire da questa spirale dobbiamo spiegare a tutti che si effettuano controlli rigorosi su terra, acqua e piante. Le istituzioni, in questo, ci devono aiutare». «In Campania l'agroalimentare produce circa il 25% del Pii regionale - ha detto l'assessore regionale Daniela Nugnes, convocando un tavolo permanente sulla questione -. Non possiamo consentire che si comprometta l'intero sistema produttivo agricolo». «Invitiamo i consumatori a non lasciarsi influenzare da allarmismi ingiustificati e ad acquistare prodotti nei negozi autorizzati senza temere per la salute - prova a rassicurare Pietro Russo, presidente di Confcommercio Napoli -. Le aziende alimentari campane sono chiamate al rispetto delle norme sulla tracciabilità degli alimenti e applicano regole di autocontrollo, garantendo la qualità». «Volete sapere chi è che non subisce danni da questa situazione? - si sfoga Luigi Palmieri, 62 anni, contadino da due generazioni, con lotti a Mondragone e adAcerra - Quelli che vendono frutta e ortaggi sui camion, abusivamente; quelli che portano la produzione direttamente ai negozianti, senza fatture. Nonvengonocontrollatidanessuno e continuano come se niente fosse. Noi, invece, rispettiamo le leggi, e portiamo la mala nominata». La mala nominata" si allunga nefasta anche sugli imprenditori di altri settori. È una nuova fiamma quella che divampa nella terra dei fuochi. Dopo i rifiuti, brucia il terrore di perdere tutto; brucia, come un tatuaggio sbagliato, il marchio sulla carne. Oggi tutti gettano acqua sulla ferita. Con la paura inconfessabile, però, che ancora una volta sia troppo tardi.

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