Un chilometro di carte e faldoni ecco tutti i registri della contabilità
Viaggio nel Commissariato che sta chiudendo i conti dopo 13 anni di «emergenza»
9 ottobre 2013
Fonte: Il Mattino
Castelcapuano, sali al secondo piano, giri a sinistra, poi a destra e sbuchi nel mondo delle «carte». Delle scartoffie, direbbero i napoletani doc. Decine di metri di scaffaluture ingombre di fascicoli di tutte le dimensioni, incartamenti sulle scrivanie e perfino una stanza piena di cartelline vuote destinate a ordinare tutto quello che ancora non ha trovato posto sugli armadi. È quel che resta di più di tredici anni di emergenza rifiuti. Fino a qualche mese fa le «carte» erano sparse tra le diverse sedi del commissariato, gli scantinati della Regione e un capannone preso in fitto a Caserta. Quando nel 2010 a Napoli arrivò l'allora direttore generale dell'Unità stralcio, Luciano Cannerozzi De Grazia, scoprì che il materiale raccolto (progetti e documentazioni) copriva la bellezza di 840 metri, quasi un chilometro di carte suddivise in 167 scaffali da cinque ripiani. Ora i metri sono diventati 1300. Oiù di un chilometro. Il tutto nella sede di via Medina che costava la bellezza di 22 mila euro al mese da versare al Demanio dello Stato proprietario dell'immobile. Le ricerche successive portarono alla luce altri 75 scatoloni si trovavano ancora nella sede della Regione. Due anni dopo Dell'Acqua, diventato responsabile della cosiddeta Uta (unità tecnico amministrativa) incaricata di chiudere i conti, ha deciso di investire centomila euro per ristrutturare un'ala del secondo piano di Castel Capuano, di riunire le cartelle sparse per mezza Napoli e di rispmariare sugli affitti. Questo ha permesso di pagare i primi creditori con i sessanta milioni ricavati dalla riscossione di quello che era dovuto allo stesso commissariato e dovrebbe rendere possibile difendersi in giudizio. Un'avventura dall'esito tutt'altro che scontatato. La corte dei conti sottolineò negli anni scorsi in un'apposita relazione sulla gestione dell'emergenza rifiuti, che sono state dodici le contabilità speciali aperte negli ultimi anni (quattro dal sottosegretariato Bertolaso, attualmente utilizzate per chiudere i contenziosi) e che mancavano i rendiconti per il periodo dal 1 gennaio 2007 al 10 giugno 2008, poi faticosamente ricostruite. Insomma, il caos. Per capire quali e quanti fossero quelli che aspettavano soldi (comuni, imprese, consulenti) alla fine del 2010 era stato lanciato dall'allora direttore generale della struttura stralcio, Luciano Cannerozzi De Grazia, un bando (previsto dalla legge) m cui si chie deva ai creditori di farsi avanti: la struttura non aveva pezze d'appoggio sufficienti per ricostruire la contabilità. Fu un diluvio di rivendicazioni: 900 creditori chiesero 3,5 miliardi. Le richieste più cospicue da Fibe e Fisia, le imprese del gruppo Impregilo che fino al 16 dicembre del 2005 hanno gestito la partita per conto del commissariato e che oggi pretendono 2 miliardi e 400mila euro, dei quali 1,5 solo per il danno d'immagine. L'azienda del gruppo Impregilo fino al 2005 avrebbe dovuto riscuotere direttamente la tariffa di conferimento dei rifiuti dai Comuni, ma non sempre c'è riuscita. E anche questo ha incrementato il contenzioso. Alla fine del 2010, sciolta l'unità, il governo decise di creare una nuova e più snella organizzazione guidata dal prefetto Gianfelice Beilesini che riuscì ad accertare crediti e debiti senza però riuscire a chiudere la partita. Ora, pagato il pagabile, Dell'Acqua tenterà di risolvere il contenzioso ancora aperto.