Intervista a Don M. Patriciello. «Sui veleni lo Stato ora ci aiuti veramente»

Il prete anticamorra ha guidato la marcia di venerdì scorso. «Non mi aspettavo tanta La è anche contro l'assenza istituzioni»
6 ottobre 2013 - Raffaele Nespoli
Fonte: L'Unità

NAPOLI «A un tratto ho alzato gli occhi e sono stato assalito dall'emozione. Non avevo mai visto i miei concittadini così uniti, pronti a scendere in piazza per dire basta allo scempio. Basta a questi veleni, alle morti assurde». All'indomani della "marcia per la vita", padre Maurizio Patriciello - prete anticamorra che da anni si batte contro i veleni che appestano la Campania - parla di una speranza rinata, della possibilità che qualcosa cambi. Lo fa a suo modo, senza troppi giri di parole. Lui è uno di quelli che bada poco alla forma e forse anche per questo è riuscito nell'impresa di trasformare il consenso in mobilitazione.
Padre, ¡mmaginava tutta questa partecipazione? «Sapevo che saremmo stati tanti, ma non credevo fino a questo punto. Già, purtroppo è venuta tanta gente».
Purtroppo? «Sì, è un controsenso lo so, ma non posso fare a meno di pensare che tutte queste persone stanno soffrendo. Molti di quelli che sono scesi in strada piangono un figlio morto di cancro. Un amico, un parente».
Però è stata anche una vittoria. «Certo, una meravigliosa vittoria della gente».
Per una volta è stata la camorra a dover chinare la testa. «Già, ma anche le istituzioni. Non ci nascondiamo dietro a un dito, senza la compiacenza della politica certe cose non sarebbero state possibili. Le istituzioni sono state colpevolmente assenti, in alcuni casi compiacenti. La camorra ha fatto affari con politici corrotti e collusi che hanno firmato un patto scellerato sulla nostra pelle».
Però durante la marcia avete letto un messaggio di Napolitano. «Lo abbiamo letto con grande orgoglio. Il Presidente me lo aveva promesso e ci ha regalato parole importanti. Ï suo sostegno è per noi di grande conforto. Questo non significa che non abbiamo bisogno di cose concrete, con lo stesso entusiasmo aspettiamo che la politica risponda con i fatti».
E le fasce tricolore che si sono viste? «Le ho notate anche io, ma mi pare un controsenso. Se i cittadini sono stati costretti a scendere in piazza è stato perché le istituzioni non hanno fatto ciò che avrebbero dovuto. Cosa si vuole dire prendendo parte alla marcia? Me lo sono chiesto a lungo».
Ha trovato una risposta? «Potrebbe essere una partecipazione di facciata, O potrebbe voler dire "io non ho colpa, sono con voi", o ancora "da oggi sarò con voi". Mi piace credere che sia quest'ultimo il significato».
Alcuni giornalisti le ha dato del "capo popolo", che ne pensa? «Non ci trovo nulla di male. Io sono un pastore e come tale ho il compito di guidare il gregge verso pascoli sereni. Se mi si vuole chiamare capo popolo non ho nulla in contrario. Se un capo deve consigliare, proteggere, assumere su dì se delle responsabilità, allora va bene. Purché si capisca che io non comando nessuno, queste persone sono la mia famiglia è la mia gente».
Mentre voi marciavate, in altre campagne si continuava a bruciare veleni, lo sa? «Sarei un ingenuo a non saperlo. Anche mentre parliamo c'è qualcuno che appicca un rogo, che semina morte. Se non fosse così avremmo già vinto una parte importante di questa battaglia. Prima o poi d arriveremo».
I giornali hanno scritto di una sua polemica con il governatore Caldoro, vuole aggiungere qualcosa? «Non ho mai fatto nessuna polemica. Caldoro è il governatore di questa regione, io posso ricordare la domanda, la risposta la deve dare lui».
Durante la marcia, in molti hanno voluto ringraziarla. Ormai è diventato un simbolo. «Ho ricevuto diversi saluti, e io ho ricambiato con affetto. Non credo di essere un simbolo, spero però di poter essere un punto di riferimento. Non so spiegare il dolore che ho provato nel vedere tante gigantografie di bimbi, per molti dei quali ho dovuto celebrare i funerali. L'ultima brutta notizia l'ho avuta proprio durante la manifestazione. Un uomo mi si è avvicinato è mi ha detto "è appena morto un altro bimbo", ho sentito una stretta al cuore».
Crede che le cose possano cambiare? «Le cose cambieranno quando a cambiare sarà l'atteggiamento della politica. Non dimentichiamo mai che qui si protesta contro uno Stato assente, dalle amministrazioni locali a quella centrale. I cittadini non ce la fanno più e i politici farebbero bene a comprendere questa sofferenza».
Avete scelto la croce come simbolo, è stato un modo per dire che la Campania è una terra dove ormai si muore solo? «No, la croce che abbiamo portato con noi è quella del Cristo risorto. È il simbolo della rinascita, della resurrezione». È questo che sta succedendo? «È questo che vogliamo che accada, vogliamo che la Campania risorga. Venerdì, idealmente, è iniziata la rinascita».
E ora, dopo questa grande risposta dei cittadini, cosa farà? «Ora vado a casa, mangio una cosa e poi devo riposare. Perché, a dirle la verità "me fa' male a' capa" (mi fa male la testa)». -tit_org- Intervista a Don M. Patriciello. «Sui veleni lo Stato ora ci aiuti veramente»

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