Il procuratore: quando ci si ribellerà agli sversamenti, andrà meglio

Intervista a Giovanni Colangelo. Napoli, appello del procuratore: vigilate contro gli inquinatori

Colangelo: «Questo è un territorio splendido ma umiliato Quando i cittadini si ribelleranno, il fenomeno finirà»
28 settembre 2013 - Titti Beneduce
Fonte: Corriere del mezzogiorno

Guida l'ufficio di Procura di un territorio «straordinario ma devastato, distrutto, umiliato»: gli ci è voluto poco per comprendere che quella dell'ambiente era «un'emergenza e dunque una priorità». All'indomani del ritrovamento di sessanta fusti pieni di sostanze chimiche un metro e mezzo sotto un campo di finocchi, Giovanni Colangelo fa il punto sulla lotta contro quanti avvelenano l'ambiente. E, se non esita a definire la situazione «tragica», vede tuttavia un elemento positivo: «Finalmente la gente sta aprendo gli occhi. Si sta formando una coscienza civica, qualcosa che ancora solo dieci anni fa era impensabile». Nonostante la situazione sia gravissima, il procuratore Colangelo conferma il suo ottimismo: «Credo che quando i cittadi ni faranno il passo successivo, cioè quello di ribellarsi agli sversamenti abusivi segnalandoli e chiedendo l'intervento delle forze dell'ordine, anziché girarsi dall'altra parte, nessuno si permetterà più di sversare rifiuti, liquidi o solidi, pericolosi o soltanto speciali».
NAPOLI — È arrivato un anno fa a guidare l'ufficio di Procura di un territorio «straordinario ma devastato, distrutto, umiliato». Gli ci è voluto poco per comprendere che quella dell'ambiente era «un'emergenza e dunque una priorità». All'indomani del ritrovamento di sessanta fusti pieni di sostanze chimiche un metro e mezzo sotto un campo di finocchi, Giovanni Colangelo fa il punto sulla lotta contro quanti avvelenano l'ambiente. E, se non esita a definire la situazione «tragica», vede tuttavia un elemento positivo: «Finalmente la gente sta aprendo gli occhi. Si sta formando una coscienza civica».
Procuratore Colangelo, quando è arrivato a Napoli probabilmente credeva di dover contrastare altri fenomeni, a cominciare dalla criminalità organizzata e da quella spicciola. Invece è sul fronte dei reati ambientali che la situazione si è fatta difficile... «L'esperienza ci ha insegnato che i reati ambientali sono commessi molto spesso da personaggi legati alla criminalità organizzata. Arrivato qui e fatta una ricognizione di alcune vicende processuali, mi sono convinto ben presto che, per questa e per altre ragioni, i reati ambientali erano una priorità assoluta. L'aggiunto Nunzio Fragliasso, che coordina la sezione, condivide la mia idea e riversa in questo impegno passione ed energie».
Si ha la sensazione che in passato forse questi crimini siano statì contrastati in maniera poco efficace: possibile che colonne di camion siano andati a sversare fustì pieni di veleno in campagna e le forze dell'ordine non se ne siano accorte? «Distinguerei due aspetti. Il primo è quello delle indagini e questa Procura ne fa da anni, come dimostrano i processi che sono in corso. Si pensi alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: spesso da ogni verbale nasce un'inchiesta, così nel corso degli anni i fascicoli si sono moltiplicati; oggi tutti i miei collaboratori sanno quanto io tenga a questo argomento. L'altro aspetto è quello della prevenzione e della repressione dell'abbandono di rifiuti, che vengano lasciati ai margini delle strade o seppelliti nei campi. Le forze dell'ordine ce la mettono tutta: le pattuglie vigilano nei punti a rischio e sono state anche installate telecamere. Ma sarebbe impensabile contrastare un fenomeno così diffuso solo con la presenza della polizia o dei carabinieri: non si possono presidiare tutti i siti a rischio ne seguire tutti i camion sospetti. Pensi che gli autisti dei camion che vogliono abbandonare i rifiuti attendono, per farlo, gli orari in cui carabinieri e polizia hanno il cambio di turno: approfittano di quel breve lasso di tempo e via. Oppure vanno nei luoghi di confine, dove le competenze territoriali sono incerte».
E allora che cosa si può fare? «Sono i cittadini che devono vigilare e trasformarsi in controllori del loro territorio».
Ha la sensazione che questo accada? «Certo. Proprio questa, anzi, è la novità grande: i cittadini stanno acquisendo una consapevolezza che ancora solo dieci anni fa era impensabile. Oggi c'è un diverso atteggiamento, una diversa coscienza civica. Una diversa consapevolezza, ripeto, etica oltre che tecnico-scientifica».
Nonostante la situazione sia gravissima, dunque, lei è ottimista. «Sì. Credo che quando i cittadini faranno il passo successivo, cioè quello di ribellarsi agli sversamenti abusivi segnalandoli e chiedendo l'intervento delle forze dell'ordine, anziché girarsi dall'altra parte, nessuno si permetterà più di s versare rifiuti, liquidi o solidi, pericolosi o soltanto speciali».
Di chi altri è la colpa di quello che è accaduto in Campania? «La vecchia normativa in materia di rifiuti era decisamente blanda. Solo a partire dagli anni Duemila sono state inasprite le pene per chi commette questo genere di reati».
Si indaga, si ritrovano veleni sepolti anni fa, si tirano fuori i fusti dal terreno. Ma le bonifiche sono ancora ferme: la Procura potrebbe in qualche modo sollecitarle, svolgere una funzione di pungolo? «I nostri compiti istituzionali sono perseguire i reati e fare i processi: non possiamo e non intendiamo sostituirci ad altri. Credo tuttavia che sarebbe auspicabile un protocollo d'intesa per accelerare i tempi delle bonifiche, per esempio un accordo con Regione e Ministero: a noi toccherebbe segnalare di volta in volta i luoghi contaminati che emergono dalle inchieste, a loro avviare i lavori».
A Napoli si è verificato il caso paradossale dell'ex Italsider di Bagnoli, dove, secondo la vostra tesi, la bonifica ha addirittura peggiorato le condizioni dell'ambiente. «Una tesi che al momento non è stata smentita, ma ha trovato conferme. Questo suscita amarezza e conferma che l'argomento è importante quanto delicato».

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