Rifiuti, chiesti altri 39 rinvii a giudizio
NAPOLI. Falso e smaltimento illegale di rifiuti. Sono queste a vario titolo le accuse rivolte dalla Procura di Napoli ai vertici del commissariato di Governo che negli anni si sono susseguiti a Napoli per far fronte all'emergenza rifiuti. Irritazioni cutanee, infezioni gastrointestinali, una puzza insopportabile. Lungo il litorale Flegreo l'aria era irrespirabile e sulla spiaggia ricoperta di letame camminavano animali mai visti prima: vermi, insetti e scarafaggi. In realtà quel mare, secondo l'accusa, era una porzione di discarica perché diventato uno sversatorio di percolato, il liquido che le balle di spazzatura espellono durante i processi di decomposizione. Un materiale altamente nocivo e cancerogeno che finiva in mare così com'era stato prelevato, senza alcun trattamento. Per questo il comando dei carabinieri Tutela ambiente, il nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza e gli uomini del la polizia provinciale, eseguirono una ordinanza di custodia cautelare per 14 persone, otto delle quali sono finirono in carcere, e sei agli arresti domiciliari mentre risultavano indagati a piede libero 24 persone tra le quali c'erano Antonio Bassolino. Le accuse per tutti sono di associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti, truffa e disastro ambientale. Una inchiesta che parte nel 2006 e si conclude il 31 dicembre del 2009 ed è sfociata nella richiesta al gip collegiale (D'Urso, Chiaromonte, Giordano) da parte dei magistrati del pool Reati ambientali, coordinato da Aldo De Chiara, che si è avvalso del lavoro dei sostituti Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello. La richiesta è invece firmata dai pm Ida Teresi e Pasquale Ucci per i quali Antonio Bassolino e Corrado Catenacci avrebbero adottato comportamenti «funzionali a creare un'apparente situazione di legittimità per lo smaltimento del percolato, continuando a richiedere e ad assicurarsi che proseguisse senza interruzioni la predetta attività di illecito smaltimento e omettendo ogni dovere di controllo e conseguente intervento sulla gestione degli impianti di depurazione che ricevevano il percolato». La data di inizio dell'udienza preliminare non è stata ancora fissata. Per quanto riguarda invece Alessandro Pansa, secondo la procura avrebbe consentito, insieme ad altri indagati, lo smaltimento di percolato presso degli impianti non idonei ne' collaudati. Alcuni impianti erano addirittura sprovvisti di autorizzazione e dovevano essere chiusi A supportare la richiesta di rinvio a giudizio, «c'è anche una responsabilità e consapevolezza degli indagati per quanto emerso in fase di indagine preliminare». Secondo l'accusa i vertici del commissariato straordi- nario di Governo «erano costantemente messi al corrente della disastrosa situazione degli impianti e delle caratteristiche qualitative e quantitative del percolato; gli stessi esponenti apicali disposero e consentirono il conferimento del percolato là dove non doveva e non poteva essere conferito».