E` una guerra, ma sui rifiuti non siamo innocenti

Il racconto di come sono cambiati i consumi alimentari dopo le denunce sulla Terra dei fuochi e sulla qualità del cibo che portiamo in tavola
19 dicembre 2013 - Marco De Marco
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

"Pomodoro flambé", l0instant book di Gianluca Abate da oggi in edicola con il Corriere del Mezzogiorno è la prima inchiesta sistematica su ciò che arriva sulle nostre tavole e nei nostri frigoriferi, sintesi, tra l'altro, di un ampio lavoro collettivo della redazione. Sia chiaro: non fornisce il nome del killer, non indica chi ha attentato alla nostra produzione agroalimentare, ma in compenso dice tutto quello che c'è da sapere per ben orientarsi negli acquisti e nella polemica pubblica. Solo due anni fa, la Campania ha sostenuto la spesa alimentare più alta d'Italia: 558 euro a famiglia, contro i 491 della Lombardia. Si spendevano 114 euro per la carne, 85 per frutta e ortaggi, 80 per pane e pasta, 65 per latte e formaggi, 42 per il pesce, 35 per zucchero e caffè, 15 per oli e grassi. Poi, però, sono arrivate le denunce dei comitati della Terra dei fuochi, le foto dei cavoli gialli, le dichia razioni dei pentiti sui rifiuti sotterrati. Ed è allora che i consumi sono crollati. Donato Ceglie, uno dei primi magistrati a indagare sull'inquinamento ambientale in Campania, di recente ha detto che tutto questo è l'effetto di una guerra nordista, la terza dichiarata contro la nostra regione: la prima, quando si è deciso di trasformarla nella discarica dello sviluppo industriale italiano; la seconda, quando la si è lasciata annegare nei rifiuti; ora, quando sono partite le insinuazioni pubblicitarie contro i prodotti locali. Sarebbe in qualche modo confortante se fosse così, ma equivarrebbe a certificare una innocenza morale e politica del Sud, che invece non c'è, a partire dall'incapacità di realizzare un piano compiuto dello smaltimento dei rifiuti. Che di guerra si tratti, però, non c'è alcun dubbio. La ricordiamo tutti, ad esempio, la pubblicità della Pomi, con quei pomodori buoni solo perché raccolti al Nord. Ora la resistenza è iniziata: il recente decreto del governo, seppur vago, apre spazi di intervento; il consorzio della mozzarella ha provveduto a tutelare il proprio prodotto con analisi «terze»; e la Regione annuncia un piano di promozione. Tuttavia, tutto questo non basta. Forse è venuto il momento di portare la discussione su livelli più alti. Altro che sudismo! Qui è in gioco molto di più: l'arroganza di Napoli nei confronti del suo hinterland, lo scientismo di molti scienziati estranei alla vita reale di quelle aree e l'incerto equilibrio tra natura e sviluppo.

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