Le sue dichiarazioni diedero vita al processo Spartacus
NAPOLI — La prima «gola profonda» dei Gasatesi, Carmine Schiavone, toma a tuonare contro il sistema dei testimoni sotto protezione e lo fa a distanza di quattro anni dalla sua ultima protesta avvenuta nel 2009. Lo aveva già fatto nel 2002, poi nel 2004 e ancora nel 2007 lamentando le difficoltà incontrate nella sua vita di pentito iniziata nel 1993. Dopo due anni, quelle dichiarazioni, insieme a quelle di altri pochi collaboratori di giustizia, formarono le migliaia di pagine di accuse del processo «Spartacus». Ma proprio durante quel processo e in quello successivo («Spartacus 2» il pentito, che oggi ha settanta anni, si era fermato più volte minacciando di non proseguire più le sue testimonianze m aula.
«Sono confuso e depresso, ho bisogno di tranquillanti perché non riesco a reggere questa vicenda»: in quel caso, aveva lamentato l'affidamento di un nipote di 5 anni ad alcuni zii (fratello della madre del piccolo e sua moglie) non graditi al pentito.
Accusato di concorso nell'omicidio di oltre 50 persone, condannato a una ventina di anni di arresti domiciliari scaduti nel 2001 grazie ai benefici riconosciuti ai pentiti e teste-pilastro al processo anticamorra Spartacus, il pentito ha raccontato di aver cambiato otto luoghi protetti. Aveva denunciato la rapidità con cui i clan si impossessavano dei verbali il giorno successivo alle sue dichiarazioni rese alla Procura antimafia, di un maresciallo dei carabinieri che nel 1996 tentò di avvelenarlo, di un sequestro di moglie e figlio scampato a Vasto e dei nascondigli «bruciati» (cioè scoperti appena ne cambiava uno).
Un fiume in piena, Carmine Schiavone: durante le sue proteste ha ipotizzato congiure contro di lui prendendosela finanche con l'ex deputato di An Mario Landolfi. Finì invece archiviata dalla Procura una telefonata intercettata tra Schiavone e un altro pentito, Giuseppe Pagano, dove il primo si lamentava con il secondo che alcuni vertici della polizia volevano fargli accusare Berlusconi: telefona ta risalente al 2002 e che fu archiviata dal gip su richiesta del Pm in quanto l'ex premier «non rivestiva alcuna carica politica ed era un imprenditore del settore della televisione, particolarmente noto». Diplomato ragioniere, figlio di un commerciante di agrumi e di una casalinga, anche lei Schiavone di cognome, ma del ramo delinquenziale della famiglia (sorella del padre di Sandokan), prima di arrivare al pentimento era stato coinvolto in un paio di vicende giudiziarie ed anche assolto per una tentata estorsione. In carcere si era avvicinato a Mario lovine e poi aveva scelto la strada delle bische clandestine e delle truffe ai centri Aima di raccolta e trasformazione della frutta.