Carmine Schiavone, ex boss dei casalesi: pentito di essermi pentito

Carmine Schiavone: ecco dove seppellivamo fusti e rifiuti tossici

«Le nostre discariche sul litorale domizio»
24 agosto 2013 - Raffaele Nespoli
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
NAPOLI — «Se potessi tornare indietro non mi pentirei. Non lo farei più perché le istituzioni d hanno abbandonato». Parte da qui, da queste dichiarazioni rilasciate in un'intervista a Sky Tg24, il racconto dell'ex boss del clan dei Casalesi, Carmine Schiavone, pentito dal 1993.
L'uomo è Cugino di Francesco, detto Sandokan, e nell'organizzazione camorristica svolgeva il ruolo di amministratore e consigliere del clan. «Quando non sono riusciti ad ammazzarmi materialmente — dice —, hanno cercato di distruggermi economicamente e moralmente». Schiavone prosegue poi con alcune dichiarazioni scioccanti sui rifiuti tossici sversati in Campania. «Nel Casertano, dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli». Cita quattro siti: «Casale, Castelvolturno, Grazzanise e Santa Maria la Fossa», ma lascia intendere che il business della camorra si estendeva ben oltre. «Tutte quelle cave di sabbia che stanno dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli... è tutto interrato. I camion scaricavano i fusti tossici, a Casale fino a 18 metri. Le casse di piombo si sono aperte negli anni, ecco perché muoiono tutti di cancro, come moriranno anche a Latina». Poi prosegue: «lo sono stato sempre mafioso — prosegue — forse non tutta la vita, ma certamente perpiùdivent'anni. Queste grandi società del Nord venivano a buttare i rifiuti al Sud. Scarti farmaceutici, chimici e ospedalieri. E poi i fanghi termonucleari. Arrivavano nel basso Lazio, ma venivano smaltiti principalmente da noi».
Una questione sulla quale l'ex boss dei casalesi dice di aver anche riferito alla Commissione Ecomafie e per la quale «stanno a muri' cinque milioni di persone». Una realtà scioccante che ricalca alla perfezione la Gomorra di Roberto Saviano, il problema dei rifiuti tossici sotterrati dalla Camorra nei terreni del casertano e del napoletano. Si è avvelenato il suolo, si è condannato lo sviluppo, la salute, il futuro. Nell'intervista Schiavone aggiunge poi che «la mafia non sarà mai distratta perché ci sono troppo interessi, sia a livello economico, sia a livello elettorale».
Il suo ha tutta l'aria di uno sfogo, un rigurgito di orgoglio di quello che un tempo era considerato un uomo d'onore. «Ero uno dei capi della cupola — ammette —. Il mio guaio è stato proprio quello di essermi pentito veramente perché in Italia non c'era una giustizia, una legge, un politico che sapesse capirlo. Nell'arco della mia attività criminale sono entrati centinaia di miliardi. Io pagavo fisso 2 miliardi e mezzo al mese più 500 milioni di corruzione. L'organizzazione maliosa — conclude — non morirà mai».
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