«Sì al dialogo, ma senza impianti non si esce dal terremoto-rifiuti»
L'emergenza rifiuti è stata «un terremoto», «il secondo disastro ambientale in Campania dopo il sisma dell'Ottanta». Ma «il terremoto è finito». Ora il compito delle istituzioni è «ricostruire». Sul tavolo del governatore Stefano Caldoro, a Palazzo Santa Lucia, c'è il dossier sulla crisi ambientale. Un lungo elenco di problemi da risolvere, una bomba ad orologeria: le proteste degli abitanti di Giugliano contro il termovalorizzatore; i drammatici effetti di veleni e rifiuti tossici che hanno spinto la commissione Sanità del Senato ad aprire un'inchiesta; il rischio stangata dell'Ue.
Eppure, è il ragionamento del presidente della Regione, il peggio è alle nostre spalle.Anche se, avverte, la strada resta in salita: «È necessario ridurre e controllare i rifiuti e al tempo stesso realizzare impianti moderni, con tecnologie di ultima generazione. Come si fa in tutto il mondo. Ci è stato chiesto di sciogliere il nodo delle ecoballe, c'è un'indicazione precisa di Bruxelles ma anche una legge nazionale da rispettare. È troppo facile dire no. Così, però, si rischia di bloccare tutto e si agevola chi aggredisce il territorio». Ecco, secondo Caldoro, il modello da seguire, la strada da percorrere fino in fondo. In questo schema «il dialogo resta fondamentale. Se ci sono soluzioni altrettanto efficaci siamo pronti a discuterne. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un sistema virtuoso». Da qui l'appeUo alla responsabilità perché, lascia intendere, le proteste possono diventare un boomerang.
Se ci si volta indietro, insiste l'ex ministro socialista, si fanno i conti con una realtà difficile: «Fino al 2005 la Campania è stata lo sversatoio d'Italia. E potrei dire d'Europa. Industrie inquinanti e rifiuti tossici. Dal 2008 c'è stata la piena consapevolezza di ciò che è accaduto ed oggi abbiamo la mappatura completa dei danni, che sono ingentissimi. Anche se bisogna distinguere sempre i rifiuti urbani da quelli tossici, davvero pericolosi». Rispetto a questa emergenza, tuttavia, la Regione rivendica gli sforzi compiuti. «Abbiamo dato un'accelerata al piano delle bonifiche a cui siamo riusciti ad agganciare risorse comunitarie per 1,2 miliardi di euro in cinque anni. Un miliardo sarà investito sul sistema delle bonifiche e della depurazione, il resto sul ciclo integrato dei rifiuti. Si tratta, in questo settore, del più grande investimento in Italia e in Europa sottolinea Caldoro - Naturalmente i fondi non sono mai sufficienti e per questo motivo cercheremo di reperirne altri nella programmazione 2014-2020». Dal punto di vista della pianificazione, «sono stati approvati sia il piano dei rifiuti che quello delle bonifiche. Abbiamo ampliato i sistemi di controllo e rilevamento e potenziato l'Arpac. Abbiamo spento la Resit e concentra to le energie sulle emergenze accertate. Oggi si sa quindi come muoversi e quali sono i traguardi da centrare». In prospettiva l'idea è di legare gli interventi di risanamento alla filiera agro-alimentare: significa, spiega il governatore, «controlli sui prodotti, investimenti mirati, agricoltura compatibile e sostenibile nelle aree bonificate». C'è infine il fronte del monitoraggio e della prevenzione. Su questo Caldoro non esclude collaborazioni e sinergie sull'asse Roma-Napoli: «A difesa della salute abbiamo attivato strumenti fondamentali come lo screening dei tenitori e delle popolazioni. Penso ad esempio al registro dei tumori. È comunque certamente utile l'indagine avviata dalla commissione Sanità del Senato sui veleni in Campania e nella Terra dei fuochi».