Si sbriciola la superstrada divorata dai roghi tossici
Il ferro dei piloni resta scoperto Gli esperti: la sopraelevata potrebbe perdere la stabilità
Sarà il caldo umido, l'afa di luglio, ma per reggere l'impatto di questo lezzo acido ci vorrebbe una maschera antigas. Ora si capisce perché tutte le palazzine che si scorgono in lontananza, nel giro di 600 metri, portano aggrappati ai muri neri di muffa, i motori dei condizionatori. Non è il caldo, è la puzza. Vietato aprire le finestre. Tapparsi dentro, per non tapparsi il naso. La zona è quella della rampa della cosiddetta «perimetrale di Melito-Scampia», quattro blocchi di cemento per collegare la Circumvallazione esterna (la vecchia Strada degli americani, costruita nel 1955) con l'Asse mediano, la nuova arteria tirata su con i fondi della ricostruzione. Qui, l'area metropolitana di Napoli ha in funzione, dopo quello diAcerra, un secondo inceneritore. Ma non produce energia, non brucia ecoballe, non ha cancelli, ciminiere, linee meccaniche. È unforno a cielo aperto. Informale, potremmo definirlo. Arde tutti i giorni, e tutte le notti. È un fuoco lento e costante che, sotto i piloni, brucia plastica, mobili in legno, truciolati, annerisce calcinacci, fonde lamiere, scioglie taniche e lattine; è un piccolo fuoco di vernici, gomme, vestiti, giocattoli, imballaggi che viene di continuo alimentato da nuovi materiali. Una fumata bianca, a volte grigia, altre nerissima, con una scia lenta e costante, che da lontano si nota poco perché salendo si diluisce con i gas di scarico delle auto che corrono. E un fuoco permanente che preoccupa ingegnerie geologi; sta infatti consumando anche i piloni della rampa stradale, che ormai scoprono l'anima di ferro, anch'essa m via di fusione. Un fuoco che non si spegne mai, che brucia se stesso all'infinito, come una punizione infernale. E si trova appena alle porte della città.
Due passi, letteralmente, e sei a Napoli.
Il secondo inceneritore dell'area metropolitana, quello che non si inceppa mai, comincia nel territorio di Mugnano, ai confini con Scampia, sotto i piloni dell'asse perimetrale, a pochi metri da un grosso centro commerciale, nei dintorni di alcuni storici vivai di fiori e piante; ma continua, costante, lungo tutto il percorso dell'Asse mediano e delle sue reti di supporto. Sfiora il territorio cittadino, si spinge fino al litorale. Cespugli e zone d'ombra fanno dei piloni delle superstrade, il luogo "ideale" per lo scarico fuorilegge di rifiuti. In vari punti, lungo una vera mappa dei falò, arrivano camioncini da tutta la provincia, soprattutto di notte. Ma qualcuno, sfacciatamente, lo fa anche nel pieno pomeriggio. Sono per lo più piccoli furgoni con il cassone chiuso, occultato alla vista. Scaricano calcinacci, materiali edilizi, risulta da cantieri, residui di vernici, mobili dismessi, elettrodomestici guasti. Spesso si tratta dei cosiddetti «svuota cantine»: fanno traslochi, liberano le case di mobili vecchi, ripuliscono i cantieri. Prendono due soldi, perché non smaltiscono secondo legge. Non portano i rifiuti negli im- pianti autorizzati ma li scaricano qui. Ufficialmente nessuno sa niente: ma tutti sanno, in realtà. Se uno chiede solo cinquanta euro per liberarti la casa di tv inservibili, lavatrice dismesse, mobili vecchi, è chiaro che non li smaltisce legalmente. Sotto la perimetrale, poi, qualcuno viene anche a smontare i motorini rubati, lasciandone Io scheletro; si vedono, talvolta, perfino carcasse di animali macellati. E su tutto l'immancabile strato di pneumatici che vanno a fuoco poco alla volta, alzano nubi nere solo quando chi li ha scaricati è ben lontano, e poi non si spengono mai, tengono sempre vivo quel filo di fiamma che tutto occulta, e dove si può sversare all'infinito, basta aggiungere roba, senza nemmeno il disturbo di portarsi benzina e accendino.
I piloni dell'Asse mediano, con le sue strade di collegamento, sono diventati da tempo una periferia delle periferie, una "banlieu" parallela che corre nascosta sotto la strada. Qui si scaricano rifiuti, ma, a pochi metri, si ammassano anche ambulanti che vendono frutta e verdura all'aria aperta, in mezzo ai fumi, oppure giovani prostitute dell'est che si appartano con i clienti nelle campagne, o immigrati poverissimi che si costruiscono capanne di fortuna con legni raccolti proprio nelle discariche fuorilegge. Nel febbraio scorso, due di loro, che vivevano in una baracca surreale di vecchie porte e lamiere abbandonate, sotto i piloni ai confini tra Giugliano e Aversa, in via Santa Caterina da Siena, sono morti nel sonno storditi dal fumo tossico e avvolti dalle fiamme. Probabilmente è stato un falò di rifiuti appiccato poco distante che si è allungato lentamente fino a loro, uccidendoli. Morti nel rogo, tra i rifiuti, nel secondo inceneritore dell'area metropolitana di Napoli. Quello che brucia tutto, anche gli uomini, e non si spegne mai.