Choc a Caivano: sotto cavoli e frutti discarica di veleni
Svenimenti e capogiri durante la scoperta
CAIVANO. Il vaso di Pandora dei veleni nella Terra dei Fuochi. Un'altra scoperta choc a Caivano. Sequestrata una discarica di scorie industriali, interrata sotto un campo di broccoli e un altro di finocchi, quest'ultimi raccolti in fretta e furia qualche giorno fa. E finiti sulle nostre tavole. Cosa non hanno rinvenuto gli agenti del Corpo Forestale di Napoli, diretto dal generale Sergio Costa. Un elenco di veleni lunghissimo.
Fusti di collanti e altri liquidi densi e melmosi, la cui natura e ancora da accertare, scorie di fusione del vetro (contenente un'altissima concentrazione di piombo). E poi batterie e accumulatori, plastica di ogni genere. E amianto. Tantissimo. Sfibrato e ridotto in pezzi piccoli. Disseminati sulla stessa superficie dei campi appena arati a diretto contatto con gli ortaggi.
La zona dell'ennesima scoperta della discarica interrata è avvenuta in località Sannereto. La stessa dove il cinque luglio scorso sono stati sequestrati, con un provvedimento d'urgenza della sezione reati Ambientali della Procura di Napoli, 60mila metri quadrati di campi coltivati a pomodori e asparagi, fortemente contaminati per essere stati irrigati con acqua al tetracloroetilene captata da cinque pozzi avvelenati. E sale così a circa 150 mila metri quadrati la totalità della superficie coltivata posta sotto sequestro.
Per avere un'idea dello scempio perpetrato in questi anni e dei danni, ancora tutti da delineare, due fatti. leri mattina, quando la brenna dello scavatore ha tirato su il primo grosso pane di terra, umido e grondante di chissà quale liquido, gli uomini della forestale e i tecnici dell'Arpac che si sono avvicinati, sono stati colti da capogiri e difficoltà respiratorie. Uno di questi coraggiosi è riuscito anche rovistare per qualche secondo nel mucchio di terreno depositato dalla brenna. Tempo pochi secondi e i guanti mono uso si sono sciolti come burro al sole. L'altro fatto è ancora più agghiacciante. Su tutta quest'area, nonostante ben quattro ore di permanenza, non abbiamo visto nemmeno una formica, un'ape e caso unico nemmeno una mosca. E nè volare un uccello. Nemmeno quando lo scavatore - messo a disposizione dal comune di Caivano - è stato spento per la pausa pranzo degli operatori. «Qui è peggio di Cernobyl», dice uno della forestale mentre fotografa una delle trincee appena scavate. La luce del sole cocente, mostra impietosa quello che è stato sepolto. Con il sistema a strati. Una sorta di enorme «tramezzino» tossico e velenoso, profondo anche cinque metri, fino a toccare il sistema capillare della falda acquifera, che in venti e più anni ha assorbito e messo in circolazione tonnellate di percolato velenoso. «Siamo alla porte dell'inferno - dice senza usare mezzi termini Sergio Costa - Sotto i nostri piedi c'è davvero di tutto. Non riesco nemmeno ad immaginare quali effetti conosciuti possano scaturire delle interazioni tra i vari tipi di veleno sepolti, con la tecnica dell'intombamento». Un brutto termine che rende bene l'idea: uno strato di terriccio, uno di veleni, un altro di calcinacci per dare consistenza al biscotto avvelenato - e non far crolla re il tutto -, per poi ricominciare seguendo sempre lo stesso schema. Ne hanno interrato così tanto, che questi diecimila metri quadrati si sono sollevati di un paio di metri dal resto della campagna circostante. Una bassa collinetta di morte. Un tempo in questa zona, proprio perché la falda freatica si «pesca» anche ad un metro di profondità, c'erano dieci ettari occupati dalle vasche per la macerazione della canapa, collegate alla rete dei Regi Lagni. La leggenda vuole che quando transitava la regina Giovanna, i contadini, per salvarsi la testa sul collo, coprivano con pesanti teli le vasche per evitare che la «puzza» arrivasse alle regali narici. Una cosa simile l'hanno fatto anche questi criminali dell'ambiente. Le migliaia di metri cubi di scorie, sono state coperte da un sottile strato di terreno vegetale con un duplice scopo: coprire cattivi odori e fumi e seminare su questa sottile piattaforma di terreno broccoli, cavali, finocchi e asparagi, che rendono 20mila euro per ettaro, e contribuiscono in maniera determinate a mantenere e superare quel 47 per cento in più dei casi di cancro nella Terra dei Fuochi.