Rifiuti tossici I centri urbanizzati senza aree demaniali meno rischiosi di quelli rurali dove sversano le ecomafie

Veleni e tumori, sull`asse mediano meno malattie nelle città senza verde

I dati Ispra e quelli delle Procure sull’agroalimentare a rischio
4 luglio 2013 - Luca Marconi
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI — Ieri abbiamo visto come l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) con l'indagine in Campania denominata "Diossine, rurani e policlorobifenili" (2012) lanciasse un allarme sul consumo di certa ittiofauna, ricca di composti diossina-simili: anguille tuttora pescate alla foce del Sarno, «normalmente vendute al mercato o consumate direttamente dai pescatori»; barbi, cefali e anguille presi nel Volturno e alla foce. hi mare, invece, Procura, Asl e Ñas rilevano «piombo e rame» a Nisida e Santa Lucia, sequestrando 300 tonnellate di mitili. Lo studio per nspra sull'ittiofauna firmato dal dipartimento di Ecologia dell'Università della Calabria (coordinamento Pacini-Forte) si chiude con un monito a continuare ad indagare (anche sul mare) e ringraziamenti al maestro pescatore G. C. per il grande aiuto offerto ai ricercatori. La musica cambia sensibilmente con lo studio sui vegetali invece a cura dell'Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro" (coordinamento Dagnino-Viarengo); risulta curioso che nemmeno ad Acerra o a Caivano, dove sono stati stati appena sequestrati cavolfiori gialli al toluene che crescevano su un tombamento di tonnellate di rifiuti tossici, la giovane università piemontese, nel 2009, non abbia trovato veleni sopra i limiti di sicurezza Ce, fatta eccezione per un campione di zucchine e due di melanzane, «attrattori di diossine». La curiosità non è oziosa, se ben quattro ministri - l'ex Balduzzi, Cancellieri, Orlando e in ultimo la Lorenzin hanno annunciato «analisi epidemiologiche» dopo aver ripetuto, tutti, che l'eccesso di tumori in Campania «dipende dagli stili di vita» locali, provocando rabbia e proteste soprattutto da parte delle troppe famiglie che subiscono, a tutt'oggi, roghi tossici e lutti.
Sarà Vercelli a lavorare, ancora una volta, per la Lorenzin? Ora, volendo azzardare un bell'antipasto terra-mare, se l'analisi Ispra trova qualche problemuccio, poca cosa, nel bei mezzo dell'area tra la Sin di Acerra e la Resit di Giugliano, perché a Caivano decine di ettari di coltivazioni sono bandite? Ad Acerra, dove i pozzi non dovrebbero essere utilizzati per i metalli e veleni accertati nell'acqua, dunque è tutto genuino?
È recente, poi, la condanna degli imprenditori Pellini più due ufficiali dei carabinieri (per un totale di 27 anni e sei mesi) accusati, tra l'altro, di aver sparso rifiuto tossico spacciato per compost su queste campagne. Campagne mai più bonificate, ne interdette, dove verdure e frutta continuano a crescere. E finiscono anche sulle tavole del Nord, anche a mezzo della grande distribuzione, come un boomerang. Dai campi tutt'mtorno alla discarica tossica Resit - andata a fuoco giovedì scorso - le fragole le mandano a Giugliano e Fondi, poi finiscono anche nelle conserve e arrivano ovunque, «abitudini di vita» o meno.
L'Ispra conta i4ng di diossine per chilogrammo sopportabili giornalmente per un uomo adulto. Ma i bambini? Le "creature" come si dice a Napoli, o come dicono a Brescia, i ninni? L'oncologo del Pascale Antonio Martella - ben noto ai ministri venuti in Campania e alle Procure - spiega meglio: «Praticamente in Campania è arrivato di tutto: dai fanghi di Porto Marghera ai residui di fonderie, ai Pcb dell'Enel di tutta Italia, "spalmati" come ammendante agricolo (concime) nelle migliori terre da Acerra a Villa Litemo, assieme a scorie contenenti mercurio, fanghi particolarmente onerosi allo smaltimento». E più che di "Triangolo della Morte" per queste aree avvelenate (Lancet Oncology) Martella parla di una sorta di «clessidra cartografica» sull'asse mediano, dove la città diventa addirittura più salubre rispetto alle zone rurali della Campania mai più felix: «E possibile dedurre precise ipotesi di studio per la valutazione del danno alla salute partendo dal più importante studio di epidemiologia del 2007, il cosiddetto "Bertolaso": è sufficiente sovrapporre alle aree comunali individuate a maggiore rischio di cancro per sversamenti di rifiuti tossici la "traccia cartografica" della provinciale a scorrimento veloce e priva di pedaggio SS 162, cosiddetto "asse mediano", per evidenziare un paradosso epidemiológico: le aree più colpite dal cancro e malformazioni neonatali sono quelle a maggiori spazi agricoli disponibili». Le aree al centro registrano, paradossalmente, una minore incidenza di cancro e malformazioni. «Sono i Comuni a maggiore urbanizzazione, privi di zone demaniali rurali e agricole, anche archeologiche, dove potere sversare rapidamente rifiuti tossici senza essere identificati». Cosi Casavatore, al centro della statale e che non ha un metro quadro di verde, in una classifica di rischio per i comuni da i a 5, sta a zero, mentre agli estremi, Acerra e Villa Litemo sono in cima. Ma soprattutto «in tutti questi anni, non un solo metro quadro in queste zone è stato con efficacia inibito alla coltivazione per uso umano», anche «a fronte di oltre çîîòéà tonnellate di diossine e Pcb della ditta Carfaro (Brescia) sversati nei temtori di Acerra, Caivano e Aversa, come denunciato dal pentito Vassallo e accertato dalla magistratura. E nessun biomonitoraggio sull'uomo è stato mai programmato e realizzato dallo Stato eccetto un unico studio (Sebiorec) a pool di dieci sieri, mai preso in considerazione da riviste con referenze intemazionali». Veleni ai quali i ratti non sopravvivono. A giugno Gianni lanniello, primario di Oncologia a Caserta, al convegno "Ambiente e salute" nell'attestare un eccesso di colangiocarcinomi maligni aggressivi in pazienti di giovane età dei comuni del casertano, conferma quanto già emerso dallo studio Sebiorec del 2010 e, aggiunge Marfella, «quanto pubblicato sulla tossicità di queste sostanze correlate allo sviluppo di colangiocarcinomi nel ratto da Lancet Oncology, nel marzo 2013». Ancora, per Caivano, esiste un riscontro recente di eccesso di Pcb 118 sui campi di cavolfiori esaminati dalla Forestale a gennaio; Pcb 118, dice l'Apat dal 2005, sono anche nei canali dei Regi Lagni ad Acerra e Casalnuovo.
Marfella ricorda Brescia, o Seveso, inquinata per molto meno, 200.000 metri cubi di territorio sbancati, ma dove in termini di analisi sull'uomo e bonifiche si è fatto molto e rapidamente. «Esistono, d'altra parte, analisi individuali (pagate privatamente) del 2012 su sangue di pazienti affetti da linfoma non Hodgkin residenti in Casalnuovo che attestano il riscontro analitico su matrici biologiche umane di un eccesso di quel Pcb 118 (Carfaro) sversato dalla camorra. Tale riscontro, che segue quello dei pastori di Acerra del 2008, è presente in tutte le matrici esaminate (terra, acqua, patrimonio zootecnico e uomo). Questo è il nesso di causalità: riscontrare lo stesso tipo di tossico cancerogeno per cancro al fegato, sarcomi e Lnh nelle acque dei Regi Lagni (Apat 2005), nelle campagne e nelle pecore e nei pastori di Acerra (Arpac, Sogin e Processo Carosello 2008) e infine nei cavolfiori nei campi di Caivano e nel sangue dei residenti. Questo riscontro è quel che serve alla magistratura e alla politica per stabilire con certezza il nesso di causalità ma soprattutto le necessarie azioni a tutela della salute. Nonostante anche i colleghi dell'Istituto Superiore di Sanità avessero identificato, anni orsono, gli stessi comuni come quelli a maggiore rischio (Comba 2008), mai interfacciando le analisi delle falde con quelle del patrimonio zootecnico e con un congruo numero di analisi individuali, risulta purtroppo evidente che il nesso di causalità non si è trovato perché non lo si è voluto cercare». A Brescia e Seveso si è fatto presto. Benvenuti in Campania, provincia di Mogadiscio.

Powered by PhPeace 2.6.4