Rifiuti, sulle vie del mare nuovo business ecomafia
Che le vie della «monnezza» siano infinite è cosa tristemente nota. In quello che resta il settore più ghiotto perle organizzazioni criminali, assieme al narcotraffico il grande business dei rifiuti resta una gallina dalle uova d'oro. Che però le mafie abbiano deciso di puntare ora sulle vie del mare, questa è una novità che suona come un campanello d'allarme. E sono squilli fortissimi quelli che arrivano dal porto di Napoli. Le scoperte risalgono agli ultimi mesi. Vedi alla voce: traffico di rifiuti tossici e altamente pericolosi. Nei primi sei mesi del 2013 la task force degli uomini dell'Agenzia delle Dogane del distretto di Napoli ha lavorato di fino: affidandosi non solo al proverbiale fiuto investigativo che è componente essenziale per chi deve avere a che fare sulla logica dei grandi numeri (ogni anno sugli scali di Napoli e di Salemo si movimentano in media 750mila container), ma anche a servizi di intelligence. Perché prevenire è sempre meglio che curare. Nei risultati dei controlli e dei sequestri effettuati dai doganieri c'è lo spaccato più inquietante di come le ecomafiec ontinuino a far partire dalla nostra regione ingentissimi carichi di rifiuti spedali, vagonate di mercé che per qualcuno vale oro ma che in realtà sono veleni pericolosissimi. Che fine fanno questi carichi? Da dove provengono? E dove sono diretti? Dopo le scoperte e i sigilli apposti dall'Agenzia delle Dogane di Napoli, è a queste domande che cercano di dare risposte le indagini passate alla Procura. Numerosi i filoni ancora aperti. Inchieste tutte delicatissime. Almeno tré quelle più scottanti. La prima riguarda il caso di un container individuato all'inizio dell'anno nell'ambito delle fitte attività di controllo che per volontà del direttore interregionale dell'Agenzia, Alberto Libeccio, sono state intensificate negli ultimi anni. Stando a quanto risultava dai documenti di carico, in quel container avrebbero dovuto essere stati stipati «indumenti usati». In realtà c'era ben altro: 15mila chili dimateriali ferrosi, parti e pezzi di carrozzerie arrugginite di camion e macchine sfasciate, motori che perdevano ancora olii e sostanze idrocarburiche. Il carico era destinato ad un porto dell'Africa centro equatoriale. Poche settimane dopo, un' altra scoperta. Forse la più inquietante di tutte. Dalle verifiche su un contenitore che stava per essere imbarcato con destinazione Ciña i doganieri trovarono rifiuti di provenienza ospedaliera: sacche con residui di sangue, aghi, cateteri, buste contenenti materiale usato m sale operatorie. Com'è possibile che fossero finiti su un container e perché stavano per salpare per l'Asia, resta un mistero. E che dire dell'ultimo caso? Carico di merci dichiarato: materiali edili. Destinazione: un porto della Russia. Documenti apparentemente in regola. Ma la sorpresa era all'interno. Sotto una copertura di tegole in cotto, messe ad arte per distrarre eventuali verifiche, c'erano quasi 17mila chili tra terreni di risulta, copertoni di auto e di tir. Ma, soprattutto, un centinaio di teloni peruso agricolo che - come dimostrarono le analisi successivamente effettuate - contenevano un'alta percentuale di sostanze pesticide evidentemente utilizzate in agricoltura.
Dietro questi successi investigativi delle Dogane non c'è il caso. Le continue scoperte di carichi illeciti sono prevalentemente merito di servizi sempre più informatizzati e all'avanguardia. A cominciare dalla piattaforma informatica «Aida» (Automazione integrata dogana accise) che macina quotidianamente decine di milioni di dati offrendoli «on line» a tutte le postazioni dell'Agenzia. E dal primo luglio Napoli diventa capofila di un progetto d'avanguardia nazionale. Il Porto e l'aeroporto di Capodichino si trasformano nella prima sede di sperimentazione del progetto «One top shop», che abbatterà sia i costi di gestione di un container, sia le funzionalità dei controlli da parte di ben 18 soggetti istituzionali diversi. Il progetto verrà presentato oggi pomeriggio, presso l'hotel Romeo a Napoli.