Russo: si paga la crisi del territorio. De Castro: basta allarmismi

Taranto e Caserta bandite dalle tavole di mezz`Italia

Cartelli a Venezia: «Non vendiamo quelle cozze»
Roma, in molti ristoranti «mozzarella di Salerno»
19 giugno 2013 - Gianluca Abate
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

ROMA — È sufficiente sedersi al tavolo di un ristorante del centro di Roma e chiedere una mozzarella di bufala casertana. La risposta, in molti casi, è questa: «No, qui abbiamo quelle di Salemo, le altre preferiamo non trattarle con tutto quel che si legge sui giornali». O, magari, basta farsi un giro tra le pescherie storielle di Venezia, dove — come ha raccontato Michele Pennetti su questo giornale il 7 giugno — cartelli in bella mostra avvertono: «Qui non si vendono le cozze di Taranto». Che si tratti di psicosi, concorrenza sleale o timori giustificati, quel che è certo è che l'emergenza ambientale sta inquinando il mercato delle esportazioni meridionali. C'è da dire che, alcune volte, a mettere in guardia sono proprio i controllori. Come a Taranto, dove nel 2011 l'Asl vietò la pesca e la vendita dei mitili allevati nel golfo interno della città (il Mar Piccolo) dopo il ritrovamento al loro intemo di tracce troppo elevate di composti altamente tossici, come policlorobifenili e diossine. Ð mercato crollò, e dovette intervenire il sindaco Ippazio Stefano che — in favore di telecamere e macchine fotografiche — mangiò un bei po' di cozze crude per dimostrare che quei frutti di mare erano sicurissimi. Due anni dopo, però, si scopre che quell'allarme forse non era così infondato. Claudio Resta, miticoltore, al Corriere del Mezzogiorno ha raccontato: «Lllva ha cambiato il mare. Ora nel Mar Piccolo possiamo coltivare solo il seme della cozza. Troppa diossina, il frutto può crescere fino a un massimo di tré o quattro centimetri. Dopo, per la sua maturazione, dobbiamo traghettarlo in Mar Grande nella zona che ci hanno assegnato, dove si contano all'incirca quindici scarichi fognari e le acque non sono state ancora classificate. Intanto a Venezia, sui cartelli delle pescherie, c'è scritto non vendiamo le cozze di Taranto. Erano il nostro documento di riconoscimento. Ce lo stanno stracciando». E non solo quelle. Le orate nei mercati del Nord arrivano a 30 euro al chilo, qui si vendono a 8 euro. «Colpa della diossina».
E con la diossina (o meglio, in quel caso, con la psicosi) ha dovuto fare i conti anche la mozzarella di bufala prodotta nel casertano. L'allarme del 2008 provocò un calo del 30% del fatturato, e poco importa se i medici in una conferenza stampa spiegarono che per assimilare quantità di diossina pericolose si dovevano mangiare otto chili di mozzarella al giorno per tré mesi (roba da sentirsi male comunque). Oggi il settore ha un fatturato di 500 milioni di euro l'anno, ma gli ultimi allarmi sui rifiuti nascosti nel Casertano e sull'avvelenamento delle terre stanno tornando a spaventare i consumatori da Roma in su. E non ha certo aiutato la Commissione petizioni dell'Unione europea, che nella sua relazione del 17 febbraio scorso ha scritto: «Ð percolato proveniente da Ferrandelle e Maruzzella ha definitivamente compromesso le attività agricole e di allevamento dell'intera zona, a causa della contaminazione dei corsi d'acqua usati per l'irrigazione e l'abbe- veramento degli animali. Ciò solleva gravi preoccupazioni riguardo alla contaminazione della mozzarella di bufala^che diventerebbe così invendibile». È anche per questo che a Roma , da un po' di tempo a questa parte, sono sempre più i ristoranti che preferiscono cambiare zona di rifornimento. «Il problema è che oggi i prodotti di successo hanno la capacità evocativa di un luogo: il prosciutto di Parma, il lardo di Colonnata. I nostri cosa evocano?». Paolo Russo, parlamentare del Pdl e componente della Commissione agricoltura della Camera, la spiega così: «Se c'è una criticità del territorio, tutto ciò che ruota intorno ad esso è compromesso. Prendiamo l'esempio della bufala dop: ha una performance straordinaria sul mercato, ma è evidente che se non fosse associata a quelle zone avrebbe numeri decisamente più elevati. Il problema riguarda anche la vendita di ortaggi, che nel cosiddetto triangolo della morte è crollata: e, dove dò non è accaduto, sono crollati i prezzi. Insomma, lì dove si riduce l'appetibilità del prodotto, si crea un circuito pernicioso che porta all'allontanamento degli agricoltori dal proprio territorio. Un problema sodale, oltre che ambientale». Paolo De Castro — presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Pd — era ministro quando scoppiò il caso mozzarella. E oggi av- verte: «L'allarmismo è ingiustificato, abbiamo il sistema di controllo più efficace d'Europa. Non ho mai sentito di intossicazioni dovute alla mozzarella e alle cozze, la verità è che si utilizzano falsi pregiudizi per mettere in difficoltà i nostri prodotti». 

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