Rifiuti, nuovo deferimento Ue
NAPOLI. Il 20 giugno l'Italia subirà un nuovo deferimento alla Corte di giustizia europea per la vicenda dei rifiuti in Campania. È quanto trapela da Bruxelles. Salvo novità dell'ultim'ora, quindi, il rischio è quello di dovere pagare una multa giornaliera molto elevata (fino a 625mila euro) visto che non sono state applicate, secondo le autorità continentali, misure imposte dalla condanna precedente del 2010, quando era arrivata l'accusa di aver messo in pericolo la salute umana e l'ambiente a Napoli e nella regione. Da ricordare che il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, aveva incontrato, il 24 maggio scorso, il commissario Janez Potocnik. Ufficialmente, in quell'occasione non si era parlato di un nuovo possibile deferimento dell'Italia per il disastro dei rifiuti. E Orlando aveva anche chiarito, al termine del colloquio, che c'erano buone carte da giocare per evitare le sanzioni. E lo stesso esponente del Pd aveva anche fatto notare i progressi compiuti nella differenziata, malgrado la partenza in ritardo di alcuni impianti. Il 19 aprile scorso, poi, la Corte di giustizia aveva respinto il ricorso italiano nel quale si chiedeva lo sblocco di 46,6 milioni di euro di risorse provenienti dal Fesr che sarebbero dovute essere destinate al piano di smaltimento dei rifiuti. Il diniego era al finanziamento con fondi europei proprio delle misure oggetto della procedura d'infrazione, ovvero la realizzazione del sistema per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti e, in misura particolare, della raccolta differenziata: il tutto previsto dal piano operativo presentato dalla Campania e accolto favorevolmente dalla Commissione nel 2000. Nel 2008, però, Bruxelles aveva deciso di sospendere l'erogazione dei soldi perché l'anno prima aveva aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per mancato rispetto della direttiva derivante da mancanze riscontrate nell'attuazione del piano campano. Contro la decisione, l'Italia aveva presentato un ricorso alla Corte di Giustizia affermando che i fondi del Fesr erano destinati al finanziamento di specifiche opere e azioni previste nel piano e quindi non era possibile bloccarli con una procedura d'infrazione avente ad oggetto singole operazioni. Una posizione che non aveva convinto la Corte che aveva respinto il ricorso dell'Italia.