Acerra, falda contaminata: l'Ue apre un'indagine
Falda acquifera contaminata: la commissione per le petizioni del parlamento europeo ha aperto un’indagine volta alla verifica del contenuto di una denuncia sull’uso dei pozzi agricoli. La querela era stata sporta recentemente contro il sindaco di Acerra, Raffaele Lettieri, accusato di non aver fatto rispettare il divieto comunale di utilizzo dell’acqua di falda, sia a scopo agricolo che domestico.
L’apertura dell’indagine di Bruxelles è stata comunicata a mezzo posta dal capo unità della commissione per le petizioni e denunce, Salvador Sanchez Gomez, ad Alessandro Cannavacciuolo e Antonio Montesarchio, due degli ottanta ambientalisti locali che hanno firmato l’esposto poi depositato alla procura di Nola. “L'acqua contaminata dei pozzi sequestrati continua a irrigare i campi”, il contenuto del documento da cui è partito il procedimento europeo. Cannavacciuolo, figlio dei pastori Cannavacciuolo, il cui gregge è stato sterminato dalla diossina, e Montesarchio, l’impiegato, cassintegrato da anni, della Montefibre, il gigante chimico di Acerra, ritengono che Lettieri sia responsabile del mancato rispetto del divieto comunale, emanato nel 2005, di utilizzo dei pozzi dell’agro acerrano, pozzi che captano acqua di falda contaminata.
Ordinanza che vietava e vieta tuttora l’uso per qualsiasi scopo (industriale, alimentare e agricolo) dell’acqua di pozzo nella zona Aria di Settembre, area sud occidentale del territorio, e nell’area nord orientale, attorno alla Montefibre, nelle località Pantano, Lenza Schiavone, Sagliano, Frassitelli, Calabricito, Cappelluccia e Parmiano. Quest’ordinanza è scaturita da una serie di altre ordinanze del comune, dell’asl e dell’ex commissariato di governo per l’emergenza rifiuti, attraverso la Sogin, l’Arpac e l’Enea. “E’ una situazione che perdura da anni - viene fatto presente all’autorità giudiziaria - ma nessun organo politico e istituzionale ha fatto rispettare il divieto”. A ogni modo il sindaco Lettieri, attraverso il suo ufficio stampa, ha fatto sapere che non intende replicare alle accuse.
“Ma cosa vale di più – si chiede polemicamente Alessandro Cannavacciuolo - il commercio, peraltro sottostimato, dei prodotti agricoli della zona oppure la salute dei cittadini che, già minacciati costantemente da un inquinamento di tutti i tipi, sono pure costretti a ritrovarsi a tavola cibi inquinati?”. Nell’agro acerrano operano circa 700 aziende agricole che distribuiscono i loro prodotti ovunque. “Noi non vogliamo affatto distruggere l’agricoltura - precisa Cannavacciuolo – anzi vogliamo renderla molto più competitiva, attraverso un piano di caratterizzazione: nelle campagne inquinate si possono sostituire alle colture tradizionali quelle “no food”, come la canapa o l’olio di girasole a uso industriale. Per i siti non contaminati si tratta invece di perimetrarli e di pubblicizzarli nella maniera dovuta con prodotti doc”.
Nell’accusa sono richiamati l’articolo 328 del codice penale, che è l’omissione in atti d’ufficio volta a non adempiere al dovere di proteggere la salute pubblica, e l’articolo 40 dello stesso codice: “chi non impedisce un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Il 9 settembre dell’anno scorso i due hanno chiesto al comune informazioni circa le eventuali azioni adottate dalle autorità preposte allo scopo di rendere operativo il divieto di emungimento di acqua di falda attraverso i pozzi dell’agro acerrano. “Ma non ci hanno fornito – scrivono gli ambientalisti - nessuna indicazione sui provvedimenti eventualmente adottati nel rispetto doveroso dell’ordinanza numero 323 del 15 novembre del 2005, firmata dal vicesindaco di allora, Carmine Riemma”.