Dall`Asia i soldi per la tecnologia fantasma
Ottocentomila euro: li ha spesi Asia, la partecipata del Comune di Napoli addetta alla raccolta dei rifiuti, per mettersi in grado di utilizzare il Sistri che non c'è. Soldi che si sono volatilizzati tra i costi diretti (l'acquisto delle black box da mettere sui camion e le relative chiavette Usb, le spese per i nuovi computer, i corsi per il personale) e quelli indiretti (il tern pò impiegato per gli interventi sui compattatori e gli straordinari al personale). Soldi buttati perché, ed è su questo che ruota l'indagine della magistratura, il sistema messo in campo dal ministero dell'Ambiente non è mai entrato in funzione. A pagare il prezzo più caro è stata proprio la Campania, unica regione dove il sistema doveva monitorare non solo i rifiuti speciali e pericolosi, ma anche quelli urbani, cioè quelli dei cassonetti. Il Sistri, infatti, nella regione, doveva essere integrato con il Sitra, il sistema già varato dalla struttura di Bertolaso nel periodo dell'emergenza e che si muoveva a sua volta sulla strada tracciata nel 2001 daBassolino con il progetto Sirenetta costato circa nove milioni di euro e mai entrato in funzione. La decisione di seguire il percorso della spazzatura prelevata dai cassonetti aveva suscitato non poche perplessità nel genna io del 2010, quando fu annunciata dal ministro Prestigiacomo, e tuttora viene ritenuta sbagliata dal presidente di Asia, Raffaele Del Giudice: «II sistema di tracciabilità dei rifiuti urbani valido solo nella Campania sarebbe dispendioso e inutile nella forma organizzata dal Sistri. I rifiuti urbani indifferenziati vengonosempre prelevati dai contenitori stradali o dai bidoncini del porta a porta con le stesse modalità e sempre consegnati ahii impianti autorizzati al loro trattamento. Sempre uguali i rifiuti, sempre uguali i percorsi, sempre uguali i destini: non si capisce che cosa ci sia da tracciare». Per i dirigenti di Asia, dunque, gli ottecentomila euro che sono stati costretti a spendere sono stati praticamente buttati. Ma anche le imprese del resto del Paese sono da tempo sul piede di guerra contro il sistema che doveva tracciare i rifiuti: nel marzo del 2012 avevano già sborsato settanta milioni di euro senza avere niente in cambio. Perdo tutte le associazioni del settore (Alleanza delle cooperative italiane, la Confederazione italiana agricoltori, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Rete Imprese Italia e la Claai-associazione dell'artiginato e della piccola e media impresa) chiesero e ottennero la sospensione del pagamento del previsto «contributo». Intanto, però avevano già comprato le scatole nere e le pen drive: un'apparecchiatura costata tra i cento e i settecento euro per ogni camion messo in strada. Il 13 marzo le associazioni del settore si erano rivolte al ministro dell'Ambiente che nel frattempo era diventato Corrado Clini. «Il sistema di tracciabilità dei rifiuti, Sistri, continua a essere per le imprese motivo di preoccupazione e di malcontento- avevano scritto -1 rinvii dell'operatività, che si ripetono trimestralmente da due anni, testimoniano infatti una situazione non gestibile, che richiede la rivisitazione totale del progetto, come peraltro da lei indicato ancora nelle scorse settimane». E poi avevano sottolineato: «In questa situazione il pagamento del contributo Sistri per l'anno 2012, fissato per il 30 aprile, viene percepito da tutte le nostre imprese come una vessazione ingiustificata: esse hanno già versato, per Fanno 2010 e per l'anno 2011, settanta milioni di euro, senza averne ritorno alcuno. In periodi di profonda difficoltà economica come quello attuale, l'obbligo di nuovi versamenti, ad avviso di tutti, non trova giustificazione». Il varo del Sistri fu annunciato il 13 gennaio a Roma con una conferenza stampa alla quale parteciparono l'alierà ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacono, il comandante generale dei carabinieri, il generale di corpo d'armata Leonardo Galli telli, e l'ammiraglio Vincenzo Melone. La partenza era prevista entro 180 giorni, ma è sempre stata rinviata. Avevano l'obbligo di aderire, tramite la Camera di commercio, circa 600 mila aziende, a partire dalle più grandi, e tutte le imprese di trasporto. Facoltativa, invece, l'adesione delle aziende più piccole, quelle con meno di 11 dipendenti. Progetti rimasti sulla carta.