Nuovo filone do indagini sugli impianti di Cuma e di Acerra: le imprese sversano nei Regi Lagni
La Procura: arsenico dai depuratori a mare
A Marigliano il caso del depuratore sequestrato e trasformato in sito di stoccaggio per le ecoballe
18 giugno 2008 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
Cadmio, piombo, arsenico, nichel, solfati, rame avvelenano l'ecosistema marino del litorale di Napoli e di Caserta. Lo rilevano le indagini sui depuratori di Cuma e di Acerra gestiti da Hydrogest.
Accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica di Napoli — sezione reati ambientali coordinata dal procuratore Aldo De Chiara — ed effettuati dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri e dalla polizia provinciale, col contributo tecnico dell'Arpac. «Gli accertamenti in corso», dice Sergio Costa, il comandante della polizia provinciale, «evidenziano che c'è un serio problema di sversamento di rifiuti speciali e pericolosi, quelli che hanno origine dalle attività produttive. Dovrebbero essere portati agli impianti di trattamento. Alcune imprese trovano più comodo e più economico sversarli nelle fogne o nei Regi lagni. Riceviamo decine di segnalazioni, sia da parte dei cittadini, sia da parte di comitati ed associazioni ». I veleni di provenienza industriale finiscono prima nei depuratori, poi a mare, con tutto il loro potenziale inquinante.
Gli impianti — malfunzionanti e da ristrutturare — sono infatti programmati per depotenziare e digerire, tramite batteri, la componente nociva delle acque di fogna: coliformi fecali ed escherichia coli. Nulla possono contro gli sversamenti di natura industriale e le sostanze chimiche che questi ultimi contengono. Le quali, anzi, danneggiano la flora batterica dei depuratori, compromettendone ulteriormente la capacità di trattare i liquami. Doppio danno e mare del litorale casertano o di Licola sempre più inquinato. Metalli pesanti e veleni industriali, in particolare, si accumulano lungo la catena alimentare, dagli organismi più semplici fino ai predatori. Un tema già al centro di uno studio condotto anni fa dalla dottoressa Maria Cristina Buia e da altri ricercatori della Stazione zoologica Dohrn di Napoli.
Si arricchisce dunque di un nuovo capitolo il caso dei depuratori campani che non funzionano al meglio ed attendono, da anni, che la concessionaria Hydrogest effettui i lavori di adeguamento e potenziamento per i quali si è impegnata. Interventi ad oggi mai iniziati, vantando tra l'altro Hydrogest (90% Termomeccanica e 10% Giustino costruzioni) 40 milioni di euro di crediti nei confronti del Commissariato di Governo per le Bonifiche e per la Tutela delle Acque.
Sono cinque gli impianti di depurazione affidati ad Hydrogest, in Campania: Foce Regi lagni, Napoli nord, Cuma, Marcianise, Acerra. Tutti piuttosto malmessi, con picchi negativi per il depuratore della Foce dei regi lagni. Nella provincia di Napoli, tuttavia, altri impianti necessiterebbero di importanti interventi di riqualificazione o adeguamento. Alcuni sono stati da tempo sequestrati e non hanno mai più ripreso a funzionare. È il caso, sempre ad Acerra, del depuratore che era gestito dai Pellini, imprenditori coinvolti in una inchiesta sul traffico di rifiuti speciali, nocivi e pericolosi. Sequestato tempo fa dalla Procura della Repubblica di Nola anche l'impianto di depurazione di Marigliano. Al suo interno, da marzo, c'è un sito di stoccaggio delle ecoballe, realizzato dal Commissario di Governo ai rifiuti, Gianni De Gennaro, per tamponare una delle periodiche recrudescenze dell'emergenza. Altri depuratori a Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Sorrento. Quello di Ischia non è stato ancora completato. Un altro è previsto a Procida.
Gli impianti — malfunzionanti e da ristrutturare — sono infatti programmati per depotenziare e digerire, tramite batteri, la componente nociva delle acque di fogna: coliformi fecali ed escherichia coli. Nulla possono contro gli sversamenti di natura industriale e le sostanze chimiche che questi ultimi contengono. Le quali, anzi, danneggiano la flora batterica dei depuratori, compromettendone ulteriormente la capacità di trattare i liquami. Doppio danno e mare del litorale casertano o di Licola sempre più inquinato. Metalli pesanti e veleni industriali, in particolare, si accumulano lungo la catena alimentare, dagli organismi più semplici fino ai predatori. Un tema già al centro di uno studio condotto anni fa dalla dottoressa Maria Cristina Buia e da altri ricercatori della Stazione zoologica Dohrn di Napoli.
Si arricchisce dunque di un nuovo capitolo il caso dei depuratori campani che non funzionano al meglio ed attendono, da anni, che la concessionaria Hydrogest effettui i lavori di adeguamento e potenziamento per i quali si è impegnata. Interventi ad oggi mai iniziati, vantando tra l'altro Hydrogest (90% Termomeccanica e 10% Giustino costruzioni) 40 milioni di euro di crediti nei confronti del Commissariato di Governo per le Bonifiche e per la Tutela delle Acque.
Sono cinque gli impianti di depurazione affidati ad Hydrogest, in Campania: Foce Regi lagni, Napoli nord, Cuma, Marcianise, Acerra. Tutti piuttosto malmessi, con picchi negativi per il depuratore della Foce dei regi lagni. Nella provincia di Napoli, tuttavia, altri impianti necessiterebbero di importanti interventi di riqualificazione o adeguamento. Alcuni sono stati da tempo sequestrati e non hanno mai più ripreso a funzionare. È il caso, sempre ad Acerra, del depuratore che era gestito dai Pellini, imprenditori coinvolti in una inchiesta sul traffico di rifiuti speciali, nocivi e pericolosi. Sequestato tempo fa dalla Procura della Repubblica di Nola anche l'impianto di depurazione di Marigliano. Al suo interno, da marzo, c'è un sito di stoccaggio delle ecoballe, realizzato dal Commissario di Governo ai rifiuti, Gianni De Gennaro, per tamponare una delle periodiche recrudescenze dell'emergenza. Altri depuratori a Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Sorrento. Quello di Ischia non è stato ancora completato. Un altro è previsto a Procida.