Con il nuovo decreto stop alle indagini rifiuti

Noviello: escludere il reato di traffico illecito implicherà il dilagare dello scempio sul territorio
18 giugno 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Rifiuti Tossici «Il disegno di legge sulle intercettazioni mette a rischio le indagini in campo ambientale, fino a vanificare sul nascere i futuri sforzi messi in campo contro reati in materia ecologica». Ne è convinto il pm Giuseppe Noviello, magistrato con una lunga militanza nella sezione Ecologia. Napoletano, 42 anni, studi classici al Vittorio Emanuele, Noviello oggi è in forza al pool mani pulite. È stato titolare assieme al collega Paolo Sirleo del processo a carico del commissariato per l’emergenza rifiuti, che vede imputato tra gli altri il governatore Antonio Bassolino. Giudice, cosa non la convince del disegno di legge? «Taglia fuori le attività organizzate per il traffico di rifiuti, esclude il reato 260 (codice ambientale), che è una delle poche armi che abbiamo per impedire sversamenti abusivi sul nostro territorio. In questo modo, invece, la Superprocura non potrà fronteggiare gran parte dei fenomeni di devastazione della regione». Quante indagini sono nate grazie alle intercettazioni rese possibili dal traffico di rifiuti? «Le principali indagini in campo ambientale, anche le più recenti, si sono fondate anche sulle intercettazioni rese possibili da una contestazione specifica, il reato di traffico di rifiuti. Senza intercettazioni, le indagini sono spuntate e rischiano di arrivare molto tempo dopo traffici e sversamenti abusivi». In che senso? «Le intercettazioni consentono di intervenire subito su un reato in corso. Se c’è ad esempio una complessa organizzazione che scarica rifiuti pericolosi in Campania, magari di un altro paese, lo strumento che mi permette di individuare il reato nel suo svolgimento è l’intercettazione. Da domani questo non sarà più possibile. O comunque sarà molto più difficile individuare un fenomeno di smaltimento illecito in una cava, in un fiume o in una discarica mentre il reato viene consumato». Restano però metodi tradizionali di indagine. «La sola analisi documentale o una consulenza tecnica non bastano. O meglio, questi strumenti rischiano di essere tardivi rispetto a un traffico illegale consumato sulla nostra pelle e a danno del territorio. Ragioniamo su una materia complessa, i danni ambientali possono essere avvertiti anche a distanza di vent’anni dal momento in cui vengono consumati». Cos’altro la preoccupa? «Non è solo un problema di tempi, ma anche di target investigativo. Senza intercettazioni pigliamo, per così dire, i pesci piccoli, non capi e mandanti che stanno dietro certi fenomeni. Sono questioni che meriterebbero un’analisi più ampia». In che senso? «Al di là di certe posizioni l’ambiente non è al centro del dibattito politico. In tutta Italia manca una radicata cultura dell’ambiente. Negli anni, e in maniera trasversale, chi poteva intervenire a tutela dell’ambiente non l’ha fatto in modo efficace. Quello del traffico dei rifiuti sembra un problema di nicchia, che riguarda questo o quel magistrato, mentre dovrebbe essere interesse prioritario di tutti auspicare indagini rapidi ed efficaci in questo campo».

 

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