Rifiuti, il retroscena

Veleni nella terra dei fuochi 20 anni di silenzi e omissioni

Mappa disegnata nel 1993, le prime verifiche solo nel 2008
12 dicembre 2012 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Un buco. Anzi, una voragine che aveva ingoiato, fagocitato, dissolto, tré milioni di tonnellate di rifiuti tossici e no civi che risultavano prodotti e non smaltiti: un decimo delle scorie industriali dichiarate da diciotto regioni italiane. Un buco che si intedeva colmare «con programmi di emergenza e con la promozione di impianti di smaltimento» per i quali il governo aveva stanziato 600 miliardi di lire. Soldi del 1991, una frazione del fiume di denaro pubblico riversato nel ventennio successivo nella famelica struttura emergenziale del commissariato straordinario. In quel tempo il ministro dell`Ambiente era Giorgio Ruffolo. Il 10 aprile del 1991 form queste indicazioni, ammettendo che si stava «cercando di risalire una china che si è creata in 40 anni di sviluppo selvaggio» degli insediamenti industriali. Spiegazione imbarazzata alle richieste di chiarimenti che erano arrivate da vari gruppi parlamentari dopo il caso Tamburrino, l`autrasportatore intossicato dai veleni che aveva trasportato da Cuneo fino alle campagne del Giuglianese. In quel tempo, quasi ventidue anni fa, dunque già si sapeva dell`esistenza di un buco nero che aveva inghiottito i veleni industriali e che questi finivano in Campania. L`amministratore unico della Ecomovil, la ditta piemontese che aveva prodotto i solventi sversati nel Giuglianese, aveva già ammesso di aver affidato le sue scorie alla Transfermar di La Spezia e da questa spediti (documentalmente), con i camion della Tanagro Trasporti, a Sant`Anastasia o alla Difrabi, a Napoli. Veleni che invece finivano nella terra.
Si sapeva ma fu fatto poco o nulla. Non fu facilissimo individuare il cimitero dei rifiuti industriali ma neppure un`operazione impossibile. Nel 1992, infatti, l`area compresa tra la discarica Re sit di Parete-Giugliano, gli impianti dei fratelli Vassallo a Villaricca e i laghetti di Castelvoltumo, quelli che si sono formati in virtù del riaffioramento della falda provocato dagli scavi della sabbia, era stata indicata quale luogo di smaltimento dei rifiuti industriali che il clan dei Casalesi importava dalle regioni del Centro-Nord. Area localizzata dai carabinieri di Napoli all`epoca dell`operazione Adelphi (che accertò il ruolo del clan Bidognetti, attraverso Gaetano Cera, e delle famiglie Schiavone e levine, oltre a quello - centrale, di Cipriano Chianese). Nel 1993 ne aveva riparlato Cannine Schiavone, nel 1996 era arrivata la denuncia, dettagliatissima, di Dario De Simone, che aveva raccontato nel dettaglio il sistema societario e le modalità di partecipazione della camorra al grande business delle ecomafie, inventato proprio dai Casalesi trail 1988eil 1989. Cisarebbe stato tutto il tempo per bonificare i terreni e fermare il traffico Nord-Sud, e non fu fatto. Si continuò, invece, sulla strada dell`intervento straordinario sollecitato dal ministro Ruffolo e rilanciato dalla Regione Campania (e dai consorzi).
Per ragioni imprecisate, bisognerà arrivare alla primavera del 2008, e al pentimento di Gaetano Vassallo, grande accusatore del coordinatore regionale del Pdl Nicola Cosentino, per accertare che effettivamente alcuni dei siti indicati erano discariche di veleni. Negli anni delle prime denunce, nel frattempo, più di un miliardo di chili di sostanze tossiche erano finiti sotto terra nel Giuglianese. Nelle casse della camorra, tra il 1989 e il 1992, erano confluiti 18 milioni di euro, il canone pagato dagli industriali per far sparire fanghi industriali, amianto, fusti tossici, rifiuti ospedalieri, persino le ceneri spente della centrale termoelettrica Enel di Brindisi. Più tardi, sotto gli occhi di centinaia di migliaia di persone - cittadini impotenti ed esasperati, istituzioni cieche arriveranno anche le scorie dell`Acna di Cengio e quelle della Cyba Geigy, azienda farmaceutica di Castellammare di Stabia. Ha raccontato Vassallo: «Dicevano che il materiale conferito era idoneo alla produzione di legumi ma sulla terra dove veniva smaltito il rifiuto non ho mai visto nascere alcuna frutta o ortaggio. I rifiuti liquidi erano talmente inquinanti che quando venivano sversati producevano la morte immediata di tutti i ratti. Ricordo altresì che i rifiuti della Meridional Bulloni, quando giungevano con cisterne speciali in acciaio inox anticorrosive, friggevano e scioglievano persino i rifiuti in plastica».

L`allarme
Nel 1991 il ministro Ruffolo denunciò: «Buco nero delle scorie industriali» Ecomafie Scorie tossiche sotterrate tra Giugliano e l`agro aversano: sono arrivate da mezza Italia
La trattativa
Il traffico di rifiuti è stata anche oggetto, durante l`ultima emergenza, di una trattativa da apparati di sicurezza e vertici del clan dei Casalesi. AMichele Zagara era stata garantita protezione in cambio dell`ordinata gestione delle discariche emergenziali.

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