Amianto e alta velocità, gli archeologi: tremila operai e specialisti a rischio

Il presidente Cevoll: «Troppi veleni nel cantieri, presto un dossier».
L`oncologo Marfella: «Rifiuti tossici anche nelle tombe sannite, bonifiche all`acqua di rose».
2 dicembre 2012 - Raffaele Nespoli
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI — Sono circa tremila gli operai e gli archeologi che in questi anni sono stati impegnati per gli scavi preliminari della Tav sulla tratta Roma-Napoli. «Uomini e donne spiega Tsao Cevoli, presidente dell`associazione nazionale archeologi - che potenzialmente sono entrati in contatto con l`amianto sepolto illegalmente sul territorio campano e potrebbero essere a rischio». Così, dopo la scomparsa dell`archeologa Marisa Mastroroberto, torna l`allarme amianto tra gli addetti ai lavori che da anni sollevano il problema degli sversamenti di rifiuti tossici nei siti demaniali. «Il caso Pompei - continua Cevoli - è arrivato alla ribalta delle cronache per l`importanza del sito, ma è solo una goccia. lo stesso ho più volte lavorato sulla tratta dell`alta velocità trovando sotto terra ogni genere di rifiuto. Nei prossimi anni potremmo avere un lungo elenco di morti di Tav». E la cosa che veramente inquieta è la frequenza con la quale gli esperti sono imbattuti in siti pericolosi e ciò che dopo sarebbe accaduto. «Più di una volta - prosegue Cevoli - ci siamo dovuti fermare per consentire l`intervento delle autorità. La mia opinione è che in molti di questi luoghi si sia proceduto con bonifiche più formali che sostanziali per consentire la ripresa dei lavori. Di recente, purtroppo, è morto un nostro collega neanche quarantenne, stroncato da un male incurabile ai polmoni». Nessuno ha mai censito le morti sospette, ma il timore tra i giovani archeologi è palpabile. Anche perché nelle università non viene insegnato come riconoscere rifiuti cancerogeni e pericolosi e come maneggiarli. Sulla gravita del problema non ha dubbi Antonio Martella, oncologo del Pascale. «Per la camorra questi luoghi sono perfetti perché poco controllati. Quando poi le sostanze tossiche e cancerogene tornano alla luce il problema dello smaltimento ricade sullo Stato o gli Enti locali. Per esperienza posso dire che nei dintorni di Acerra, nelle tombe dei soldati massacrati dal console Marco Corvo nella Seconda guerra sannitica e sepolti nelle fosse comuni dell`antica città di Suessola, ci sono ancora oggi centinaia di fusti di diossina. Proprio in quelle zone sono stati spesi circa 50 milioni per monitoraggi sull`erba, avrebbero fatto meglio a controllare nelle tombe, depredate, dei sanniti». Per stimolare le autorità gli archeologi presenteranno un dossier su queste «morti bianche» atipiche.

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