Rifiuti, ricorso al Tar per l`inceneritore
La Regione ricorre al Tar del Lazio per chiedere alla Protezione civile di sottrarre 25 milioni dalla cifra pagata per il termovalorizzatore di Acerra. L`Avvocatura dello Stato presenta una memoria: oggi dovrebbe arrivare la decisione. Gli avvocati della Regione, Beniamino Caravita di Toritto, Gaetano Paolino e Maria D`Elia, nei loro «motivi aggiuntivi» chiedono di restituire i 25 milioni già pagati dalla Regione che secondo loro li avrebbe sborsati due volte. Gli atti della Presidenza del consiglio (dipartimento della Protezione civile) porterebbero un «ulteriore gravissimo danno per gli equilibri economici e finanziari della Regione Campania». La discussione che si è svolta ieri davanti al tribunale amministrativo è stata estremamente animata e ha fatto venire alla luce molti aspetti della trattativa tra il gruppo Impregilo e la presidenza del Consiglio dei ministri.
Tutto comincia il 16 febbraio del 2012 quando Monti stabilisce con un decreto di trasferire la proprietà del termo valorizzatorè alla Regione che paga 355 milioni di euro. L`amministrazione guidata da Stefano Caldoro impugna il provvedimento dinanzi al Tar e alla Corte costituzionale con un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri. Ï 24 maggio dello stesso anno il direttore generale del ministero dello Sviluppo economico autorizza il trasferimento dei 355 milioni alla Fibe per conto della Regione e il giorno successivo emette un ordine di pagamento a favore della società dell`Impregilo. La Regione impugna il provvedimento. Il 29 giugno la Presidenza del Consiglio dei ministri dispone la consegna dell`impianto all`amministrazione che deve definire con il gestore dell`impianto (Partenope Ambiente, gruppo A2A) le modalità di gestione del contratto. Palazzo Santa Lucia presenta altri «motivi aggiuntivi» e chiede al dipartimento la restituzione dei 25 milioni anticipati per la costruzione dell`impianto in base a ordinanze emanate nel 2008 dalla stessa Protezione civile. La legge 26 del febbraio del 2010 stabiliva infatti che al valore dell`impianto fissato dall`Enea nel 2006, 355 milioni, andassero sottratte «le somme relative agli interventi effettuati sull`impianto». cosa di fatto non avvenuta. Contro la legge Fibe infatti aveva presentato un ricorso al Òàã del Lazio e al consiglio di Stato sollevando una questione di costituzionalità: l`impresa sosteneva di essere stata di fatto espriopriata. E la tesi fu giudicata «non manifestamente infondata». Di qui la decisione della Presidenza del consiglio di arrivare auna transazione con la quale a Fibe veniva riconosciuto il pagamento di 465 milioni: 355 previsti dallo studio Enea piùi HOmilioniricavati dalla vendita dell`energia a partire dal2010. Aquesta somma sono stati sottratti 87 milioni versati come anticipazioni più mezzo milione di euro pagato al responsabile unico del provvedimento e due milioni di assicurazione. La Regione a conti fatti ha versato prima 25 milioni e poi altri 355. In tutto 380 senza incassare finora neanche un euro dalla vendita dell`energia: i ricavi sono andati alla Protezione civile (che ha autonomamente deciso di non far pagare i Comuni che portano la monnezza a bruciare) e alla A2A. L`Avvocatura dello Stato, però, sostiene che i 25 milioni pagati dalla Regione sono compresi negli 87 sottratti alla Fibe. I conti m ogni caso sono difficili da far tornare: di fatto sono stati versati più soldi del previsto. Alla fine chiunque pagherà i 110 milioni in più versati alla Impregile alla fine saranno sempre i cittadini campani.