La data La perizia del geologo: nel 2064 il percolato precipiterà interamente nella falda

Dalla Domiziana al Vesuvio cento chilometri di rifiuti

Mappa dell'inquinamento tra discariche legali e falsi concimi
3 novembre 2012 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

In primavera, il confine è segnalato dai rachitici ciuffi di erba che nascono e crescono sempre più radi, sempre più gialli. Anno dopo anno, assorbono i metalli pesanti nascosti sotto un palmo di terra e rilasciano all`estemo l`immagine della vegetazione asfittica che più di ogni altra denuncia l`avvelenamento dei fondi agricoli. D`inverno, quando non c`è più il foraggio a delimitare l`area delle ecomafie, bisogna ricorrere al satellite o ai fotogrammi scattati dall`alto dagli elicotteri di ricognizione e dai droni. E si scopre che il veleno si è infiltrato a chiazze, seguendo il percorso sotterraneo della falda acquife ra, desertificando appczzamenti che furono fertilissimi; bruciandone altri, corrosi dagli acidi e dal cromo dei fanghi dei depuratori. Masseria del Pozzo era una delle contrade più pro duttive dell` area di confine tra Parete e Giugliano. Come Schiavi, d`altronde. E Grotta dell`Olmo e Pozzo Bianco. Oggi sono invasi neri, maleodoranti, dai quali fuoriescono rigagnoli di fanghiglia: percolato mischiato all`acqua della falda. Guardando verso l`interno degli immensi tenitori che furono la parte paludosa di Campania Felix - tra la Domiziana e il Massico, tra le province di Napoli e di Caserta - s`incrocia il non dissimile panorama di Ferrandelle, Parco Saurino, Maruzzella: campagne aride e grigie all`interno delle quali sopravvivono solo i fili d`erba cresciuti sui teloni neri che ricoprono i rifiuti. Si ricollegano, idealmente, con gli altri teloni neri: quelli di Taverna del Rè e Masseria del Re, che inglobano cava Giuliani, il più grande distretto d`immondizia della Campania. Più grande ancora di Malagrotta, la discarica romana che si appresta alla chiusura senza sostituzione. Tra Giugliano e Caserta, ancora macchie nere con l`impronta delle fiamme: è la terra dei fuochi, quella che congiunge - passando per la discarica casertana di Lo Uttaro - la periferia industriale napoletana, fino a Caivano, all`area dell`interporto di Marcianise e Maddaloni, una sorta di vulcano sempre attivo dalle cui bocche fuoriescono diossina e ceneri di penumatici.
L`area del disastro ha un cratere di un centinaio di chilometri quadrati. Abbraccia il grande canalone dei Regi Lagni e i terreni di Scafarea, Tré Ponti e Taverna del Rè, s`inerpica sino alle falde del Vesuvio, fino aTerzigno. E poi prosegue verso la zona flegrea, verso la montagna dei Camaldoli, verso Chiaiano. È un triangolo costruito sui veleni, territorio contaminato dai rifiuti, urbani e industriali, raccolti nelle discariche abusive in oltre vent`anni di uso dissennato e criminale del territorio. Il perimetro è tracciato dalle inchieste giudiziarie degli ultimi anni, le stesse nelle quali il disastro è contestato come reato. Disastro documentato dalla scienza attraverso la perizia del geólogo Giovanni Balestri che ha ricostruito la mappa del sottosuolo dell`area a nord di Napoli, compresa tra Giugliano, Parete, Villaricca, Qualiano, Villa Literno. La perizia è depositata nel processo a carico di Cipriano Chianese, titolare della discarica Resit, padre fondatore del sistema delle ecomafie. Vi è annotata la data della fine del mondo: entro il 2064, ha scritto il tecnico, il percolato prodotto da 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi (a cominciare dagli ottomila quintali di fanghi dell`Acna di Cengio), di 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti spedali non pericolosi, di 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani, precipiterà nella falda e avvelenerà decine di chilometri quadrati di terreno e tutto ciò che lo abiterà. Tra cinquant`anni lì si estinguerà ogni forma di vita.
L`analisi non tiene conto delle risultanze delle ultime indagini e di quanto è accaduto nel distretto dei rifiuti gestito dall`Esercito durante l`emergenza del 2008. Ferrandelle, le piazzole di parco Saurino e di Villa Literno un concentrato di rifiuti urbani, di frazione umida non stabilizzata, di scarti speciali e pericolosi sversati con la coperta del codice Cer lasciapassare, quello che classificava i rifiuti sversati negli impianti aperti nell`inverno del 2008. Un attentato all`ambiente accertato dalla Dda di Napoli, contestato dalla Procura a uomini dello Stato e non ai soliti ecomafiosi: la famiglia Roma, i fratelli Vassallo, Cipriano Chianese e quel Giuseppe Carandente Tartaglia, deus ex machina della discarica di Chiaiano e del sistema di trasporto dei rifiuti, che è l`uomo dei contatti tra Fibe-Fisia e la famiglia Zagaria.
Non esamina neppure, la perizia, i terreni concimati con i fanghi tossici spacciati per ammendante: metalli pesanti e sostanze chimiche che hanno avvelenato alla radice le coltivazioni di TrentolaDucenta, Ischitella, Lago Patria ma anche di parte del Mondragonese: zona di nettarine, di ortaggi di alta qualità, di Falerno e di mozzarella. Terreni desertificati dai veleni. Un`inchiesta congiunta delle Procure di Napoli, Santa Maria Capua Vetere e Noia ha documentato, anche attraverso foto e filmati, la morte repentina dei frutteti irrorati con i fanghi di depurazione o con l`acqua, esondata a causa di un nubifragio, del canalone dei Regi Lagni. Frutteti ucdsi dal cancro nel giro di una manciata di ore.
La somma delle perizie del geologo Balestri, delle analisi dell`Arpac e delle Asi, dei rilievi geochimici, disegna il perimetro dell`area ad alta concentrazione di veleni che entrano nella catena alimentare e che sono causa, sostengono gli esperti di «Medici per l`ambiente», dell`altissima mortalità per malattie tumorali e del sistema linfatico. Area nella quale è ben visibile la mano della camorra, che ha gestito venticinque anni di traffico di rifiuti, e assente, invece, ogni traccia di bonifica: pure prevista per legge, pure finanziata, mai realizzata.
Ecomafiosi
Da Chianese a Vassallo e ai fratelli Roma ma spunta pure il gestore di Chiaiano

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