La tenuta Ferrandelle, era stata ¡I «gioiello» del boss Sandokan che l`aveva acquistata alla fine degli anni 80 sfrattando il colono, che per questo morì di crepacuore. È stata confiscata dieci anni fa. Era destinata a fattoria didattica

Ferrandelle inquinata bonifica flop da 4 anni

Mezzo milione di tonnellate di rifiuti su terreno friabile e sulla falda
L`inchiesta Militari e tecnici arrestati per disastro ambientale accertato già nel 2008
1 novembre 2012 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Fra tre mesi, per la precisione tra tre mesi e quattro giorni, saranno cinque anni. Cinque anni da quando arrivò il primo camion di rifiuti da stoccare prowiso riamante, e per non più di qualche settimana, sui friabili terreni di Ferrandelle. Sulle due piazzole provvisorie, cementate poco e male, impermeabilizzate con teloni di fortuna, presidiate dai militari incaricati di controllare che l`emergenza non diventasse un alibi per i soliti professionisti dell`inquinamento, è finito di tutto: immondizia urbana, scarti misti speciali, umido. Dovevano essere smantellate e bonificate, le piazzole, un anno e mezzo dopo. Sono ancora là, sbilenchi monumenti al disastro ambientale posati sul terreno sprofondato sotto il peso di oltre cinquecentomila tonnellate di spazzatura (per la precisione, 514mila, secondo la stima dell`Arpac) che si sono accumulate su quella che è diventata una gigantesca discarica en plain air. Sversatoio che ha accolto, al di fuori di ogni autorizzazione, anche rifiuti di dubbia qualità. Ferrandelle è la pietra dello scandalo, il sito provvisorio gestito dai superconsulenti nominati in tempo di emergenza, tra la fine di dicembre del 2007 e il mese di gennaio del 2008. Sono gli uomini, e gli ufficiali dell`Esercito, che la scorsa settimana sono stati arrestati per aver consentito che su quel terreno di Santa Maria la Fossa, faticosamente strappato al clan dei Casalesi pochi anni prima, si consumasse lo scempio. Sono gli uomini che, hanno scritto il gip Francesco Chiaromonte e il pmAlessandro Milita, hanno «intenzionalmente ignorato la presenza di una falda acquifera superficiale nel sito, procedendo a false attestazioni», così determinare «una situazione diffusa tale da esporre a pericolo collettivamente un numero indeterminato di persone». Pericolo causato dall`inquinamento «non solo della falda acquifera superficiale ma anche di quella profonda»: durante la progettazione e durante la costruzione, e anche quando le piazzole hanno iniziato a cedere, portando l`acqua in superficie. E consentendo, per incuria e per ignavia, che in quelle pozze si concentrassero grossi quantitativi di percolato finiti nel terreno e nelle condotte idriche. Percolato che è ancora là, visibile, un rivolo nero e maleodorante alimentato anche dalla pioggia di ieri: veleno su veleno, un quotidiano attentato alla salute dei cittadini di Santa Maria la Fossa e dell`intero comprensorio.
Gli arresti sono arrivati pochi giorni fa. Ma che la situazione a Ferrandelle fosse drammatica si sapeva da tempo. Da subito dopo l`inaugurazione delle piazzole (il primo camion era arrivato il 5 febbraio del 2008). Le relazioni dell`Arpac, allegate al ricorso che l`avvocato Renato Labriola ha presentato al Tar in nome e per conto del Comune di Santa Maria la Fossa, documentano la situazione di pericolo sin da poche settimane dopo. Ricorso finalizzato al riconteggio del ristoro ambientale dovuto dal ministero all`Ambiente. Nell` estate del 2010, quando già svuotamento e bonifica avrebbero dovuto essere conclusi, era stata accertatala presenza di percolato nei fossati di scolo delle acque pluviali. Di riunione in riunione, di tavolo tecnico in tavolo tecnico, si è arrivati fino a oggi, con la situazione che si è andata progressivamente deteriorando. Le perizie tecniche allegate all`ordinanza cautelare del giudice Chiaromonte hanno sottolineato che sui terreni che furono del capo dei Casalesi, Francesco Schiavone-Sandokan, la discarica non avrebbe mai potuto essere realizzata perché la conformazione morfologica dell`area non rendeva consigliabili attività inquinanti.
Ma le ragioni dello scempio appartengono al passato. Oggi, cinque anni dopo, i cittadini chiedono giustizia: soldi, certo, ma soprattutto la bonifica che continua a essere rinviata. Per mancanza di fondi ed eccesso di burocrazia. Commenta il sindaco Antonio Papa: «Quella terra valeva un tesoro, era una grande risorsa per la nostra agricoltura. Oggi non vale più niente, è inquinata, è la fonte di avvelenamento della nostra acqua. Dovevano ripulirla: hanno portato via solo poca roba, qualche vecchio televisore e nulla più».

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