Enerambiente, in 17 a giudizio
UN PEZZO di mondo finanziario e imprenditoriale del nord-est impegnato a spolpare (in alcuni casi, peggiorandola) la drammatica emergenza rifiuti nella città di Napoli. Arriva ormai a processo, dopo due anni di indagine certosina, il quadro desolante già emerso nella prima tranche di inchiesta sul crac Enerambiente. Si tratta della società veneta che aveva gestito una parte del servizio di rimozione (dal 2005 al 2010) per l' Asìa, costringendo il Comune, sull' onda della crisi, ad abbassare la testa e a spendere il doppio o il triplo per servizi indispensabili. Il gip ha disposto ieri il giudizio immediato a carico di 17 persone per bancarotta fraudolenta, falsificazione di libri contabili, estorsione. Accogliendo le tesi dei pm De Simone, Teresi, Sepe e Santulli, coordinati dall' aggiunto Melillo, il giudice manda dunque a processo (data l' evidenza della prova e lo stato di detenzione di numerosi indagati) i vertici e i professionisti legati alle società di Stefano Gavioli, il "re dei rifiuti" trevigiano, egli stesso detenuto ai domiciliari a Modigliano Veneto; tra gli altri spiccano i napoletani Corrado Cigliano (già dipendente di Enerambiente; fratello di quel Dario, consigliere provinciale, coinvolto in un altro filone dell' indagine), il dirigente sindacale della Fiadel campana Vittorio D' Albero, l' imprenditore-fornitore Giovanni Gaspare Alfieri. Il giudizioè fissato per il3 dicembre davanti alla terza sezione del Tribunale. Per l' accusa: Gavioli& soci, «commettevano fatti di bancarotta fraudolenta», «distraevano, occultavano, dissimulavano, distruggevano e dissipavano i beni della società Enerambiente s. p. a. «.
È il settembre 2010, quando scatta l' assalto contro 52 mezzi dedicati alla rimozione dei rifiuti. Ma quella che sembrava la solita storiaccia locale di prevaricazioni e ricatti ha portato il pool del procuratore Melillo molto lontano: nel profondo nord dalle finanze facili. Si arriva così al fallimento, dichiarato dal Tribunale di Napoli, determinato da ammanchi per 55 milioni di euro. Per i pm, il crac ha avuto ripercussioni notevoli anche su un istituto bancario veneto, che aveva elargito ben 120 milioni di fidi, senza chiedere alcuna garanzia. Non a caso, sulla scia dell' indagine, si sta muovendo anche la Banca d' Italia. Uno spaccato inquietante è accolto dal gip: nell' autunno 2010, mentre ardono i fuochi del no alla cava di Terzigno e il termovalorizzatore di Acerra è fuori uso, si consuma l' ennesimo braccio di ferro tra il Comune e Gavioli. In Prefettura, la società Asìa è costretta ad accettare l' acquisto dei camion, ma quando chiede «una perizia per sapere quanto costano», il veneziano Giancarlo Tonetto si alza e minaccia: «Non ci provate neanche: ci alziamo e ce ne andiamo. Dovete fidarvi». Ora andrà alla sbarra anche lui.