Da Chiaia a Posillipo incuria e niente manutenzione

Rifiuti e segnaletica-tappo ecco le caditoio del disastro

Il giorno dopo sulle strade restano fango e detriti a memoria dell`incubo «liquido»
Mali antichi Il sistema di scolo delle acque piovane mostra un evidente stato di abbandono e non da venerdì
14 ottobre 2012 - Pietro Treccagoli
Fonte: Il Mattino

Il nubifragio ha lasciato Napoli con le scolle di fango in fronte. Non e` è quartie re dove i tombini abbiano potuto fare il loro lavoro. Èia atta delle saittelle appilate e non dall`altro ieri, anche se, dopo quei quaranta minuti di tempesta perfetta, molte caditoie sono state sturate e mostrano con soddisfazione i propri mucchietti di detriti accanto alle feritoie. Ma sembra solo una tregua, una parentesi nell`incubo liquido della atta verticale dove dalle colline e dai pendii urbani scendono fiumi impetuosi che i tombini non riescono a trattenere. È Ã etema malacqua che ha colpito, sicuramente con più violenza del solito, gli stessi quartieri, senza distinzione tra centro e periferia: da Posillipo a Gianturco.
A provare una ricognizione, anche minima, attraverso il labirinto dell`occlusione fognaria c`è poco da stare sereni. La regola è la saittella rigonfia di terreno e ieri si presentava come un rettangolo quadrato di acqua che non evaporava, ma neanche riusciva a perforare il tappo che si è
formato, lentamente e inesorabilmente Per mesi senza che nessuno tra le  centinaia di
addetti si preoccupasse della manutenzione. Anzi aggiungendo, tappi a  tappi. A largo Sermoneta, in fondo a Mergellina, sotto Posillipo, laddove è scesa come un torrente sporco l`acqua fangosa, depositando rami spezzati, sassi, massi di tufo e persino dei sanpietrini, c`è una caditoia che può essere il simbolo dell`approssimazione. Sul tombino hanno fatto passare la striscia bianca della segnaletica orizzontale che ha quasi del tutto sigillato le feritoie. A chiudere le altre ci ha pensato una pasta informe di terriccio, foglie secche, cicche di sigarette.
Il viaggio nella Napoli zeffunnata dal patapata `e l`acqua non riserva sorprese per chi è abituato a percorrere la città. Via Marina non ha caditoie libere. Ridotta com`è, a un emmenthal di asfalto e , ha solo crateri. Non stupisce nemmeno Gianturco, storicamente soggetto ad alluvioni che neanche l`acqua alta a Venezia. «Ve le ricordate le palafitte?» racconta un meccanico di via Brin. «C`erano fino a quindici anni fa. Qui si viveva nella laguna. E chissà che non le dovremmo costruire di nuovo». Dal quartiere orientale il torrente di pioggia è sceso, hanno spiegato gli esperti, nell`avvallamento di piazza Garibaldi e ha riempito le rotaie come un canale dove viaggiavano i treni e non le gondole. Ma il disastro è stato altrettanto imponente tra Ghiaia e Posillipo. Facile da capire e anche senza il senno di poi. I tombini otturati erano sotto gli occhi di tutti da mesi. Al corso Vittorio Emanuele erano stati persino parzialmente coperti con l`asfalto durante la pavimentazione-lampo per la mega-Ztl della CoppaAmerica. Così sono rimasti. Alla Riviera di Ghiaia a niente sono servite le vecchie caditoie laterali, quelle sotto il marciapiede. Ieri, erano ancora più oppiiate di prima con tutta la schifezza che si è depositata davanti. Tantissimi i tombini di ferro divelti e rimasti ad accrescere la zella napoletana.
Il venerdì nero della tracimazione urbana ha, quindi, messo a nudo mali antichi. Ma il paesaggio che Napoli offriva, in attesa di una replica che tutti sperano non ci trovi di nuovo impreparate vittime, era quello di una città inaostata di fango, detriti, rami e monnezza abbarbicata alle ruote delle auto in sosta o ammucchiata dove c`era uno slargo. Le macchine, tra l`altro, spesso parcheggiate proprio sopra tombini, hanno fatto da ulteriore ostacolo al defluire sotterraneo della lava di pioggia. A Posillipo, proprio sotto la lunga scalinata di una stradina scavata nel tufo e che venerdì s`è trasformata in una cascata del terrore, proprio sotto c`è una fila di ben quattro caditoie di ferro e ancora ieri mattina non ce n`era una che fosse spilata, aperta, nel pieno delle funzioni per le quali è stata costruita.
Ad Agnano, l`allagamento neanche fa più notizia. Sarà che è un cratere, ma l`inesistente manutenzione fa la sua parte nel disastro continuo. E per rendere le strade impraticabili non è neanche necessario un temporale come quello dell`altro giorno, è sufficiente un acquazzone di normale amministrazione. Ma Napoli, anche sotto la pioggia battente, mostra di essere la capitale dei paradossi. Secondo diversi esperti, le saittelle appiiate potrebbero avere una funzione positiva. Per come è ridotto il sistema fognario della città, che da tempo immemorabile necessita non solo di manutenzione, ma anche di una semplice ricognizione, se tutta l`acqua piovana entrasse improvvisamente in tombini perfettamente aperti si rischierebbe di far collassare le obsolete condutture. Napoli ha un sottosuolo pieno di cave, cantine, rifiuti, pozzi, ostruiti e in Città porosa buona parte inesplorati. Là dentro rischierebbedi finire l'acqua piovana che fuoriesce dai tubi delle fogne, creando una sorta di canalizzazione estema e incontrollabile. Gli esiti sarebbero
imprevedibili: dallo sprofondamento del manto stradale che si è già verificato varie volte in passato, con tragiche e mortali conseguenze, al rischio di cedimento strutturale per i palazzi delle zone più esposte. Insomma la saittella appilata sarebbe, ipoteticamente, il male minore in una città costretta sempre a scegliere tra due mali e mai tra il giusto e lo sbagliato. Napoli si conferma il luogo dove non solo le leggi civiche, ma più ancora quelle idrauliche e tecnologiche, sono percepite come differenti dal resto del mondo. In una metropoli efficiente i tombini servono a far defluire la pioggia nelle fogne, nella città ostruita servono a mantenerla in superficie.

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