Stato di ex-diritto

14 giugno 2008 - Livio Pepino
Fonte: Il Manifesto

Il percorso parlamentare del decreto legge sui rifiuti in Campania prosegue sostanzialmente senza opposizione e culmina ora nella militarizzazione delle città. La logica è quella tipica (e ingannevole) dell'emergenza. Si parte da un problema reale e drammatico (nel caso specifico la necessità di liberare i cittadini della Campania dai rifiuti accumulati da un decennio di cattiva politica e di cattiva amministrazione) e lo si utilizza poi per finalità del tutto diverse. Così l'emergenza rifiuti diventa il pretesto per un inedito irrigidimento del sistema penale e per una escalation repressiva nelle politiche di ordine pubblico. Il testo del decreto legge non lascia dubbi. Quasi di nascosto, nella norma che fissa i poteri del sottosegretario di Stato per la Campania, viene modificato persino il catalogo dei reati. Da oggi, anzi da ieri, è reato «introdursi abusivamente nelle aree di interesse strategico nazionale, impedire o rendere più difficoltoso l'accesso autorizzato alle stesse» ed è espressamente previsto che determinano il delitto di interruzione di pubblico servizio e una speciale aggravante del reato di danneggiamento «impedire, ostacolare o rendere più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti» e «distruggere, deteriorare o rendere inservibili, in tutto o in parte, componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti». Il salto di qualità del controllo repressivo è pari solo alla genericità delle nuove previsioni. Che cosa significa, infatti, «rendere difficoltoso» l'accesso a una discarica? Basta un qualunque assembramento, una manifestazione di dissenso, un pacifico sit-in? E, ancora, che cosa è e quando comincia la «complessiva azione di gestione dei rifiuti»? E cosa si intende per «beni strumentali» connessi a tale gestione? È evidente come in questo modo si apre la strada a interventi repressivi potenzialmente illimitati delle manifestazioni «di piazza » e si dilatano a dismisura i poteri discrezionali della autorità di polizia. Ma non è tutto. Insieme a tali nuove previsioni si affermano una cultura e una prassi di militarizzazione del territorio senza precedenti. Le discariche e i siti di smaltimento dei rifiuti vengono equiparati alle aree in cui «è vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato » ed è introdotta una non meglio specificata categoria di «aree di interesse strategico» soggette alla stessa disciplina. Eppure anche questo non sembra sufficiente e la maggioranza prepara emendamenti tesi ad affidare all'esercito la sorveglianza e la gestione delle aree interessate allo smaltimento dei rifiuti, mentre, parallelamente, si prospetta l'impiego delle forse armate anche per pattugliamenti nelle città. Difficile non riandare con il pensiero alle politiche dell'ordine pubblico inaugurate nel luglio 2001 a Genova agli esordi del precedente governo della destra. La cosa non può sfuggire ai democratici e a tutti coloro che continuano a credere che la legalità costituzionale è inclusione e confronto assai più che scontro muscolare.

 

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