Pozzi inquinati la siccità devasta le coltivazioni
TERZIGNO. La pioggia ritarda e centinaia di pozzi sono fuori uso, inutilizzabili per colpa dell`inquinamento, sequestrati o vietati. Tonnelate di frutta e ortaggi perduti perché è impossibile irrigare i campi. Dal Vesuviano al Nolano, dal Giuglianese all`agro sámese: gli agricoltori sono in ginocchio, perduti pomodori, pesche, patate, pomodorini del piennolo, ortaggi. Persino i produttori di castagne dell`Avellinese hanno chiesto aiuto perché ritengono che l`80 per cento del raccolto rischia di andare perduto.
Drammatica la situazione le Vesuviano e nel Giuglianese. Si chiama Piano di monitoraggio delle acque sotterranee alla discarica Sari Pozzelle 3 di Terzigno, l`ultimo documento prodotto dall`Arðàñ sulla situazione dell`inquinamento della falda acquifera vesuviana, in modo particolare quella più vicina alla discarica. È stato redatto su richiesta della Regione e risale a circa due mesi fa. È la fotografia, l`ennesima, di un territorio a rischio e fortemente danneggiato, dove le fonti di inquinamento della falda hanno probabilmente un`origine vecchia, risalente a decenni fa.
«Le anomale concentrazioni di ferro, manganese, fluoruri e nichel sono già presenti a partire dal 2004-2006», è scritto infatti nella relazione dell`Agenzia regionale per l`ambiente: chiaro il riferimento alla prima discarica Sari, che ha funzionato con controlli pari quasi a zero. Inevitabile anche il collegamento con le centinaia di discariche abusive, grandi e piccole, che hanno contaminato l`acqua più o meno sistematicamente. L`avvelenamento dei pozzi, dunque, è cominciato molti anni fa e quando è stata aperta la discarica, in località Pozzelle, la falda era probabilmente già compromessa. La nuova Sari, insomma, è stato il colpo mortale ad un territorio già in ginocchio: oggi (è sempre l`Arpac a ribadirlo) la principale fonte di contaminazione della falda è rappresentata proprio dal percolato presente nei rifiuti della discarica.
I pozzi, peraltro, sono un elemento comune a tutte le campagne della provincia di Napoli: sono ovunque e per lungo tempo hanno rappresentato uno strumento essenziale per l`irrigazione dei campi. Il loro inquinamento è fortemente ipotizzato da tecnici ed esperti, ma il loro controllo è difficilissimo. La stessa Arpac nel documento presentato allaRegione ammette: «L`attività di verifica sul campo delle caratteristiche tecniche dei pozzi ha incontrato, purtroppo, difficoltà crescenti dovute alla mancanza di dati reali dei proprietari degli appczzamenti si cui insistono i pozzi».
L`abbandono delle campagne, la crisi dell`economia agricola e la trascuratezza del territorio, insomma, rendono difficile anche il solo monitoraggio. Basta pensare che, ufficialmente, a Terzigno è vietato irrigare i campi con l`acqua dei pozzi artesiani: lo prescrive un`ordinanza del sindaco dell`ottobre del 2010. Ma controllare che il divieto venga rispettato è praticamente impossibile. Non va meglio in altre zone della provincia, dove diverse sono le colture a rischio. Nell`area nolana, mariglianese e acerrana è allarme per la produzione di patate; in quella giuglianese è a rischio la produzione di ortofrutta e nella zona che comprende Caivano e Frattamaggiore forte è la preoccupazione per gli ortaggi. Anche in queste porzioni di territorio di provincia l`inquinamento delle falde (e quindi dei pozzi), è dovuto essenzialmente all`abbandono incontrollato di rifiuti urbani e speciali, per lo più in prossimità dei Regi Lagni.
Pesa, poi, il mancato controllo sulle pratiche di smaltimento degli scarichi e dei prodotti di scarto delle attività· produttive e l`uso intensivo di concimi azotati, fitofarmaci e pesticidi in agricoltura. A farlo emergere è stata un`indagine effettuata da «Agenda 21» nell`area area nolana qualche anno fa. Sul litorale domiziano e flegreo e nell`agro aversano, invece, Ã inquinamento fu certificato dalla «campagna aeromagnetica» della commissione bicamerale d`inchiesta sulle ecomafie nel 2003. Nel 2009, invece, un convegno dell`ordine regionale dei geologi tenutosi ad Ottaviano mise in risalto che inquinamento, spreco e sovrasfruttamento dell`acqua rappresentano i tré rischi principali del territorio della provincia di Napoli. Spiegò il segretario dell`ordine campano, Giuseppe Doronzo: «Un terzo dell`acqua disponibile, a Napoli ma anche in tutta Italia, si disperde lungo le reti fatiscenti e corrose degli acquedotti. Il 30% dell`acqua che entra nelle condotte idriche non entra nelle case mentre il 40% dell` acqua per irrigare si perde lungo le tubazioni».