Rifiuti e amianto, quei veleni dimenticati
Contaminazione Giuliano (Politecnico): «Siamo di fronte a una contaminazione sconosciuta»
Ci sono i veleni dell`Ilva di Taranto, quelli dei petrolchimici di Brindisi, Gela , Priolo e quelli delle industrie siderurgiche di Piombino, Brescia e delle raffinerie di Trieste, di Sarroch e sempre Taranto. Il ministero dell`Ambiente ha contato 32 siti industriali inquinanti su un totale di 57 aree da risanare. «Certo, qui si può morire per le emissioni tossiche degli stabilimenti — fa notare Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente —. Ricordo però che in Italia si muore anche per molte altre forme di inquinamento che non è dovuto alla presenza di attività produttive. Fra Napoli e Caserta esistono patologie tumorali legate allo smaltimento illegale dei rifiuti speciali. Non bisogna poi sottovalutare l`inquinamento prodotto da attività solo in apparenza minori: lo smaltimento dei pneumatici fuori uso, i reflui fognari urbani non depurati, le polveri sottili da riscaldamento e traffico nelle grandi città del Nord e anche gli ordigni bellici dismessi».
Partiamo dalla cosiddetta «terra dei fuochi», cioè quell`area della Campania dove impera la «rifiuti spa» con le sue discariche abusive e i suoi roghi tossici e rispetto alla quale il ministero della Salute ha messo in campo un gruppo d`indagine per vederci chiaro. L`allarme è stato lanciato dall`istituto Pascale di Napoli che ha registrato un sensibile aumento delle patologie tumorali legate a fattori ambientali: negli ultimi vent`anni l`incidenza è salita di oltre il 40% a Napoli e di oltre il 30% a Caserta. In attesa che la task force ministeriale (ne fanno parte anche uomini del Noe dei carabinieri) fornisca le prime risposte, si può partire da alcuni dati certi riguardanti i rifiuti nocivi, dei quali il Casertano è spesso la meta nazionale. Nel corso del 2011, le nove inchieste giudiziarie sul traffico organizzato di materiali tossici hanno portato all`individuazione, secondo il rapporto «Ecomafie 2012», di 346 mila tonnellate di rifiuti pericolosi gestiti illegalmente. Se a questo volume si sommano alle oltre 2 mila tonnellate sequestrate nel 2010, il quantitativo diventa pari a quello che potrebbero trasportare oltre 95 mila tir. Cioè, una colonna di «bisonti» messi in fila uno dietro all`altro che va da Reggio Calabria a Saint Moritz, in Svizzera. Hanno calcolato che ogni anno si perdono per strada io milioni di tonnellate di rifiuti speciali, su una stima di 100-120 milioni totali. Così i fanghi «fantasma». Poi c`è la spazzatura urbana bruciata o interrata illegalmente. «Per le cosche seppellire monnezza vale più che coltivare patate, fragole, mele, prodotti agricoli che per millenni hanno dato da mangiare a queste terre», conclude il rapporto.
Michele Giuliano, docente di Inquinamento atmosferico al Politecnico di Milano, fa un`analisi storica del fenomeno: «Oggi ci si deve confrontare con una sorta di contaminazione sconosciuta, della quale non si conoscono ancora bene i contorni ma che è importante. In passato l`industria era certamente la tonte dominante di inquinamento, anche perché le fabbriche erano inserite nei contesti urbani. Poi una serie di norme ha regolarizzato i comportamenti e così queste emissioni sono rimaste confinate ai grandi agglomerati di cui si sa e per i quali è prevista la bonifica». Tra l`altro, i 2,2 miliardi di euro stanziati dal governo dal 2001 per disinquinare i 57 siti a rischio so no stati in minima parte utilizzati. I soli poli dove sono stati conclusi accordi sono Marghera e Trieste. «A dare la svolta a Porto Marghera sono stati i processi e ora possiamo dire che la società civile veneziana è cresciuta in senso ambientalista — ricorda Felice Casson, senatore ed ex )m del processo al Petrolchimico —. Ma io ricordo come fosse ora quell`operaio di 35 anni che all`epoca dei fatti mi disse di preferire una morte per tumore piuttosto che perdere il posto di lavoro. Voglio dire, raranto deve fame di strada».
Altro capitolo, le acque reflue urbane. Sono 109 le città italiane al di sopra dei 15 mila abitanti che «scaricano» direttamente nei mari, nei fiumi o nei laghi. Si tratta di realtà che non dispongono di depuratori appartenenti a otto regioni: Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Lazio, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia e Liguria. La ripercussione sulla salute della gente di queste centri non è ancora stata valutata. Ma potrebbe riservare delle sorprese. Mentre l`Istituto superiore di sanità ha stimato l`effetto di un`al:ra sostanza killer: l`amianto. Sarebbero 3 mila le persone che ogni anno si ammalano ancora a causa del contatto con materiali contenenti la sostanza nociva. Nonostante sia stata messa al bando vent`anni fa , a novembre sarà al centro di una seconda conferenza nazionale.