Clan e faccendieri al lavoro così lo Stato paga la tangente
Doveva essere la discarica modello, è finita già due volte nel mirino della magistratura. E in entrambe le inchieste toma il nome dei Garanden te Tartaglia. Di Chiaiano si sono occupati, infatti, già lo scorso anno i Pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio che hanno ipotizzato l`intervento della camorra nella realizzazione dell`invaso: il movimento terra è stato affidato dalla Ibi (a sua volta colpita da interditava antimafia) alla Educar dei Carandente, un`impresa che ha lavorato anche al termovaiorizzatore di Acerra ricevendo tra il 2008 e il 2009 pagamenti per circa mezzo milione di euro, ma anche alla discarica Paenzano I, a Tufino nel 2001, ai siti di stoccaggio di Masseria del Re nel 2006 e di Villaricca nel 2007. L`impresa per i pm sarebbe legata ai Maliardo e quindi a Zagaria.
Ieri è statala volta del procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso e dei sostituti Catello Maresca, Alessandro Milita e Alfonso D`Avino: in questo caso sarebbe stata la Fibe a pagare una tangente a Pasquale Zagaria per ottenere la disponibilità delle cave 3 e 4 di Chiaiano, adiacenti a quella dove poi è stata realizzata la discarica. Una tangente pagata, in ultima analisi, dai contribuenti italiani visto che la Protezione civile nel 2008 ha versato 4 milioni e 300 mila euro alla Fibe per acquisire le cave che poi sono rimaste inutilizzate. E anche in questa inchiesta tornano i Carandente Tartaglia che avrebbero intascato uno degli assegni.
D`altra parte la presenza della malavita è stata accertata in molti degli otto contratti conclusi da Fibe nei primi anni Duemila per depositarvi spazzatura sciolta e impacchettata. Tutti sono stati setacciati daFragliasso che ha consegnato una lunga relazione alla commissione ecomafie. Il pm spiega che l`impresa del gruppo Impregilo, stretta tra la necessità di dimostrare al commissariato di avere la disponibilità dei terreni e quella di esibire una documentazione alle banche, «non sempre ha proceduto a una verifica preliminare dei soggetti diventati proprietari delle aree» mentre una serie di «intermediari e faccendieri» si proponevano come soggetti capaci di procurarle. Così fu acquisita da Fibe cava Giuliani. Ha spiegato Fragliasso all`antimafia «è noto che Giuliani Raffaele, uno dei proprietari dell`area, risulta destinatario di proposta di obbligo di soggiorno da parte del pm di Santa Maria Capua Vetere». Il malavitoso stato condannato a tré di reclusione per associazione camorristica ed è stato indicato da collaboratori di giustizia come affiliato al clan dei Casalesi di Casal di Principe. Cava Ripuaria, invece, era stata acquistata dalla Alma prima di essere rivenduta. E la Alma è una società fulminata da interdittiva antimafia di proprietà di Luca Avolio coinvolto in numerose inchieste giudiziarie. L`area di Roccarainola è stata subaffittata da Roberto Russo che risulta denunciato due volte per ricettazione, due volte per associazione per delinquere. I fratelli Bianco, proprietari di fatto della cava Settecainati, ha tra i suoi dipendenti un bei numero di pregiudicati. In tutti gli otto casi quelli conclusi da Fibe non sembrano buoni affari: in tempi brevissimi i terreni sono passati dalle mani dei proprietari a quelli dei mediatori a quelli della azienda Impregilo subendo rincari esponenziali. L`area di Capaccio, ad esempio, è stata pagata anche 24 volte il prezzo iniziale. E adesso Fibe chiede allo Stato più di un miliardo di euro.