Fuoco e diossina, i siti di stoccaggio dei Rom
Uno: i campi non devono mai essere vicini alle abitazioni. E quello di via delle Brecce ha le prime case a oltre trecento metri. Di fronte e accanto soltanto depositi di ditte di spedizioni.
Due: i roghi non devono mai essere più di due o tré contemporaneamente. (Questo per evitare che il fumo sia troppo denso e troppo persistente e che possa arrivare alle abitazioni. Si rischierebbe di esasperare la gente del quartiere.
Tre: non bisogna mai portare i rifiuti bruciati oltre il perimetro estemo del campo.
Regole semplici, e nel quartiere tutto va bene. D primo bar è a trecento metri dall`entrata di via delle Brecce. Un caffè. D caldo, la puzza nauseante. «Ma perché ci sta tutta sta monnezza?». «Sono quelli del mercato del pesce», rispondono alcune persone. D barista annuisce. «Ma i rifiuti stanno davanti al campo rom?». «Eh, poveretti. Lì non puliscono perché sono zingari. Che schifezza. La verità è che pure il Comune è razzista».
E il benzinaio, poco distante, spiega: «Sono sempre i più deboli che pagano. Quella povera gente noi la aiutiamo». In situazioni normali, con il caldo, il fetore e le montagne di immondizia bruciata, la tolleranza degli abitanti vicini sarebbe finita già da un pezzo. Ma qui non è così. Qualcosa non va: c`è puzza di bruciato. E` proprio il caso di dirlo. Fortunatamente non tutti stanno zitti. Qualcuno parla, racconta. Anziani disillusi e schifati. Così, così, così e così. Come Filumena Marturano. Le loro spiegazioni sono logiche, coincidono. Tutti dicono che, per ogni camion, «gli zingari vengono pagati».
E magari vengono pagati anche per lavorare in estemo. In una ex fabbrica di viale Maddalena, fino a sei mesi fa, c`era un insediamento rom. Poi un incendio obbligò gli occupanti alla fuga. Quando i vigili del fuoco arrivarono e spalancarono i cancelli si trovarono di fronte a uno spettacolo nauseabondo. Cumuli di rifiuti bruciati e stanzoni zeppi d`immondizia. Ora i rom non ci sono più ma quel «sito di stoccaggio» fuorilegge continua a funzionare. Ieri un altro incendio. Alle 4 del pomeriggio. Fumo e puzza. Sicuramente diossina. A centocinquanta metri c`è l`ospedale San Giovanni Bosco, a cinquanta l`aeroporto militare. E a trecento via de Giaxa dove c`è il comando dei vigili urbani.
Eppure nessuno vede.
Nell`ex fabbrica i cancelli sono chiusi con grandi catenacci. Ma si scarica attraverso le grate dei sottoscala tagliate a regola d`arte. Porticine in cui entrano anche gli addetti ai lavori. Appena tutto è ammucchiato in maniera scientifica, il fuoco. Nel sito pozzanghere nere e marroni, sembrano d`acqua sporca. No, sono di percolato. Anche qui non ci sono case nelle vicinanze. Un paio di fabbriche di divani, un negozio di arredamenti d`ufficio e giardini, una pompa di benzina e l`ingresso della tangenziale. Di fronte l`aeroporto militare. Gli incendi sono quotidiani e misteriosi. Nessuno li nota più. Tranne quello del 28 giugno scorso quando i vigili del fuoco scongiurarono il peggio. I fumi, però, quando il vento cambia, invadono le corsie del San Giovanni Bosco. Ma lì gli ammalati hanno problemi più impellenti per potersene lamentare.