L'emergenza-rifiuti provocata da un`impresa del Veneto

«Enerambiente» avrebbe ricattato il Comune di Napoli: 16 arresti
Per ripulire la città impose ad Asia di acquistare vecchi automezzi
20 giugno 2012 - Titti Beneduce
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

NAPOLI -— Un ricatto insopportabile attuato in piena emergenza rifiuti da un gruppo di imprenditori e professionisti veneti al Comune di Napoli e all`Asia: la vicenda è ricostruita nei dettagli nell`ordinanza di custodia cautelare notificata ieri a 16 persone da i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria e dagli agenti della Digos. La situazione di emergenza del 2010/2011 fu creata ad arte paralizzando la raccolta di rifiuti per costringere Asia e Comune a venire incontro alle loro pretese economiche. Tutto ruota intomo a Enerambiente, la società che ha gestito la raccolta dei rifiuti solidi a Napoli tra il 2005 e il 2010. Dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Giovanni Melillo e dai pm Danilo De Simone, Ida Tèresi, Maria Sepe e Luigi Santulli, è emerso che la protesta degli addetti alla raccolta che aggravava la situazione in una città sommersa dalla spazzatura fu alimentata per esercitare una forte pressione nei confronti degli amministratori e costringerli a comprare il parco automezzi di Enerambiente a un prezzo esorbitante rispetto al loro effettivo valore. Ad alcuni degli arrestati viene infatti contestato anche il reato di tentativo di estorsione aggravata ai danni degli amministratori dell`Asia e del Comune. in particolare l`ex sindaco Rosa Russo lervolino e l`ex vicesindaco Sabatino Santangelo. Gli indagati Stefano Gavioli (patron di Enerambiente), Paolo Bellamio, Giancario Tonetto, Enrico Prandin, Loris Zerbin, Giuseppina Totaro, Vittorio D`Albero (sindacalista) e Adolf Lutz (imprenditore tedesco) cercarono, secondo l`accusa, di far acquistare «automezzi ad un prezzo non proporzionato al valore reale». L`antefatto è ricostruito nell`ordinanza emessa dal gip Isabella laselli. Nel 2010 venne bandita la gara d`appalto per la raccolta dei rifiuti in città, suddivisa in cinque lotti. Enerambiente fu estromessa perché nel frattempo era stata raggiunta dall`interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Venezia. Le società che si erano aggiudicate gli altri lotti prospettarono difficoltà nell`awiare il servizio, dovute al rifiuto da narte di molte compagnie di assicurare i mezzi per la raccolta, continuamente fermati e bruciati nell`ambito delle proteste. Per questo motivo Asia chiese ad Enerambiente di prorogare il servizio per un mese; la società rifiutò a meno che non fossero state accettate due condizioni: mancata richiesta delle penali contestate da Asia per un ammontare di 900.000 euro e pagamento dei canoni entro i termini. Successivamente fu necessario chiedere una nuova proroga, ma Gavioli, nel corso di una riunione a Palazzo San Giacomo, fu irremovibile: disse che Enerambiente aveva già ceduto i mezzi per la raccolta a Lutz e che questi li aveva a sua volta venduti ad un`impresa del Niger. Ilrappresentante di Asia, è scritto nell`ordinanza, «comprese che senza l`accettazione di Enerambiente si sarebbe giunti alla pressocché totale interruzione del servizio di raccolta dei rifiuti nelle aree più sensibili della città. I rappresentanti del Comune intervennero per sollecitare le parti a raggiungere assolutamente un accordo». Venne dunque fissata una nuova riunione con «il mandato di tradurre in termini tecnici l`indicazione politica che includeva la disponibilità di Asia ad acquistare i mezzi di Eneramtriente»: 120, di differenti taglie. Asia chiese una perizia che stabilisse il valore degli automezzi, ma Tonetto ammonì: «Non ci provate neanche, altrimenti ci alziamo e ce ne andiamo». Ci si accordò sulla cifra di quattro milioni e mezzo, ma successivamente una perizia stabilì «che i mezzi non valevano più di un milione e 600.000 euro. Nel frattempo gli addetti alla raccolta dei rifiuti dipendenti di Enerambiente non erano stati retribuiti e, spinti anche da alcuni sindacalisti, come D`Albero, pretendevano che gli arretrati fossero loro corrisposti da Asia. Gli inquirenti contestano, a vario titolo, reati che vanno dall`associazione per delinquere alla bancarotta fraudolenta (con sottrazione di ingenti somme da parte di Gavioli) al ricorso abusivo al credito e truffa, per i finanziamenti erogati a Gavioli senza garanzie e sulla base di false rappresentazioni di crediti verso terzi.

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