I cinque imputati dell'area domizio-flegrea lavorano a scartamento ridotto e sporcano il mare

Depuratori, la Procura indaga sui fanghi

Smaltimento nelle campagne del Casertano: si cercano le complicità
12 giugno 2008 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere indaga per accertare se gli imprenditori i quali hanno sversato nei campi i fanghi prodotti dai depuratori di Cuma, Napoli Nord, Marcianise abbiano goduto di complicità e collusioni, all'interno degli impianti, attualmente gestiti da Hydrogest.
È il seguito, inedito, dell'operazione Chernobyl, quella che, a luglio 2007, ha permesso di scoprire una holding dedita allo smaltimento illegale dei fanghi tossici. Materiali che uscivano dai depuratori e, formalmente, andavano a discarica in Puglia oppure diventavano compost, dopo essere stati trattati da ditte specializzate. Fanghi che, accertarono gli uomini del Noe, coordinati dal Pm Donato Ceglie, erano in realtà sparsi per i campi, senza alcun trattamento, con tutto il loro carico velenoso: arsenico, cadmio, salmonella. Il Pubblico ministero Ceglie ha chiesto il rinvio a giudizio, in merito a quei fatti, per quasi quaranta persone, contestando ad alcuni degli imputati anche il reato di disastro ambientale. A luglio si celebrerà l'udienza preliminare, davanti al gip Francesco Chiaromonte. Intanto, però, la Procura di Santa Maria ha aperto un altro fascicolo. L'ipotesi degli inquirenti è che gli ecocriminali abbiano goduto di appoggi e complicità tra chi, all'interno dei depuratori, avrebbe dovuto vigilare circa l'utilizzo e la destinazione dei fanghi prodotti negli impianti. Indaga anche in questo caso il pubblico ministero Donato Ceglie. «Sono atti coperti da segreto istruttorio », premette il pm della procura sammaritana. Accetta però di scambiare qualche considerazione nel merito dell'inchiesta Chernobyl. «Quel che sconcerta — riflette — è che cambiano i nomi, ma le tipologie dei reati sono sempre le stesse. Prima dell'operazione Chernobyl c'erano state Madre Terra 1 e 2, pure focalizzate sullo smaltimento illegale dei fanghi tossici, da parte di imprenditori senza scrupoli. È in corso il processo. Uno degli imputati, Elio Roma, è stato condannato con giudizio abbreviato a sette anni di reclusione. Si è applicata per la prima volta nel Sud la pronuncia per ecomafia. Il terzo caso in Italia». Inchieste giudiziarie a parte, i cinque depuratori gestiti da Hydrogest - Marcianise, Cuma, Napoli Nord, Foce regi lagni, Acerra - sono al centro dell'attenzione perché funzionano male. L'affidataria in concessione non effettua né la manutenzione né gli investimenti ai quali sarebbe tenuta. Vanta peraltro decine di milioni di euro di crediti nei confronti del Commissariato alle Acque. Quest'ultimo non ha infatti mai versato a Hydrogest le quote sulla depurazione che i cittadini versano in bolletta ai gestori dell'acqua. Da poche settimane il Commissariato ha restituito alla Regione i depuratori. Palazzo Santa Lucia cercherà nelle prossime settimane una soluzione concordata con Hydrogest, che garantisca l'esecuzione dei lavori indispensabili agli impianti. Sul caso, interviene intanto il vicepresidente del consiglio regionale, Salvatore Ronghi: «Inchieste di stampa rivelano scenari agghiaccianti sulla devastazione ambientale del litorale domitio - flegreo; il governo regionale ha il dovere di fare chiarezza sulle possibili responsabilità della Hidrogest relative alla mancata manutenzione e ristrutturazione degli impianti di depurazione e di mettere in campo azioni per ripristinare l'efficienza degli stessi ».Conclude: «Desta molta meraviglia l'assordante silenzio della Procura della Repubblica al cospetto dell'ennesimo disastro ambientale».

 

Powered by PhPeace 2.6.4