Campania, il cattivo business dei rifiuti
Il fallimento è avvenuto già negli anni scorsi, per una serie di motivi che vanno da inadempienze di FIBE, il soggetto privato che si era aggiudicato il servizio di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani di tutta la regione, fino ad una cattiva gestione politica ed istituzionale della situazione. Sono stati realizzati sette impianti di selezione dei rifiuti e produzione di CDR, combustibile derivato dai rifiuti, funzionanti a singhiozzo, che sono soggetti a lavorare sempre al massimo delle loro possibilità; pertanto spesso sono costretti a fermarsi, per manutenzione o per l'intervento della magistratura di fronte alla continua gestione irregolare che si fa di essi.
Ultimamente si fermano anche per incendi dolosi ed un avviso di garanzia in tal senso è stato recapitato anche al commissario di governo, il prefetto Catenacci, in merito ad un incendio avvenuto a Tufino, al confine tra le province di Napoli ed Avellino. Ogni volta che uno solo dei sette impianti di CDR si ferma, nell'arco di 24 ore l'emergenza diventa visibile, con i rifiuti per strada che traboccano dai cassonetti che non vengono raccolti, perché non si sa dove portarli. Un'analisi dettagliata del ciclo dei rifiuti in Campania è certamente troppo lunga per poter essere sviluppata in questa sede. Quel che qui è utile far notare è che il Piano fino ad ora non ha funzionato e continua a non funzionare e dunque richiede delle urgenti varianti. Un Piano vincente deve per forza prevedere un ciclo chiuso, dalla raccolta allo smaltimento finale, cosa lontana dal realizzarsi: si stanno realizzando gli impianti mentre moltissimi comuni della provincia non hanno neanche un numero sufficiente di mezzi per poter effettuare una raccolta dei rifiuti che possa chiamarsi efficiente. Finché i consorzi di bacino, che raggruppano i comuni, non avranno mezzi sufficienti per vuotare i cassonetti, anche la costruzione degli impianti di combustione dei rifiuti sarà inutile.
Dopo la revoca dell'appalto a FIBE per la gestione del servizio, sono state attuate alcune varianti al Piano, in vista della nuova gara. Tali varianti non costituiscono dei miglioramenti, ma danno anzi da pensare. Tanto per cominciare, l'aggiudicatario del servizio, in pratica chi vincerà la gara, è obbligato al pagamento del valore residuo degli impianti di trattamento dei rifiuti che avrà in uso, al loro adeguamento tecnico e all'acquisizione di attrezzature specifiche. Ma lo stesso soggetto è anche obbligato al subentro nella gestione di piazzole di stoccaggio e ad acquistare la proprietà degli impianti di termovalorizzazione in corso di realizzazione ed al loro completamento, o costruzione ex novo come nel caso di Santa Maria La Fossa. In pratica, chi vince deve prima sborsare un sacco di soldi per acquisire gli impianti fatti da FIBE che non sono adeguati, poi dovrà, a spese proprie, migliorarli. Poiché la gara si rivolge a soggetti privati, si può facilmente immaginare che molti gruppi industriali e di servizi non se la sentano affatto di partecipare.
L'effetto? Lo si è già visto. Il termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara per l'affidamento del "Servizio in esclusiva, per la durata di anni 20, del trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani indifferenziati, prodotti nei comuni, residuati a valle della raccolta differenziata" si è conclusa lo scorso 31 maggio ed è andata deserta. Nessuna impresa o consorzio ha potuto aggiudicarsi l'appalto per i rifiuti. Alla gara hanno partecipato due raggruppamenti d'impresa, ma la commissione esaminatrice ha dovuto escluderne uno per il mancato possesso dei requisiti richiesti e, essendo rimasta una sola offerta valida, l'ufficio del commissario straordinario, "per trasparenza e correttezza amministrativa", ha dichiarato la gara deserta, di fatto prorogando la durata dell'emergenza in Campania.
La nuova gara è suddivisa in tre lotti. Per fare un esempio concreto, riferiamoci al lotto numero 1, che comprende le province di Benevento ed Avellino e la parte orientale di quella di Napoli. Il corrispettivo del servizio è stimato, sulla base dei rifiuti prodotti nei comuni nell'anno 2005, in un miliardo e mezzo circa di Euro. Con la clausola che chi se l'aggiudica dovrà per forza, per tutta la durata del servizio, acquistare il diritto d'uso degli impianti di trattamento dei rifiuti, ubicati nei comuni di Caivano (NA), Avellino e Casalduni (BN), provvedendo ai necessari adeguamenti tecnici; inoltre, la proprietà del costruendo impianto di termovalorizzazione dei rifiuti ubicato nel comune di Acerra, con l'obbligo del suo completamento. Conoscendo il bisogno di profitto dei privati, considerando che il capitolato d'oneri prevede il pagamento per Caivano di Euro 40.281.874, per Avellino di Euro 15.846.992 e per Casalduni di Euro 21.980.109; aggiungendoo che FIBE vuole 100.369.853 di Euro per la parte completata dell'impianto di Acerra e sommando anche le spese per l'acquisto obbligatorio di attrezzature (1.813.692 Euro), ci chiediamo quale privato se la sentirà di affrontare queste spese. Chi vince l'appalto, prima ancora dell'inizio dello svolgimento del servizio e del suo pagamento, dovrà anticipatamente pagare queste cifre. Qui ci si riferisce al lotto numero 1, ma anche gli altri due lotti vedono una situazione simile. Se, come ci si aspetta, qualcuno dovesse vincere l'appalto per tutti e tre i lotti, dovrà sborsare in anticipo un totale di 2400 miliardi di vecchie lire, poi dovrà investire per gli adeguamenti e per terminare gli impianti incompleti. Quanti gruppi di imprese potranno partecipare? Con l'appoggio di quali banche? La nuova scadenza per partecipare è fissata al 31 ottobre prossimo, le offerte verranno aperte e rese note l'11 novembre, nella sede del Commissariato di Governo, a Napoli in via Filangieri 48. Staremo a vedere.