Morti per l`amianto all'Ati di Capodichino "I nostd cari deceduti tra atroci sofferenze"

Sit-in davantì al tribunale a Napoli. Chiesta giustizia per 2 vittìme del killer silenzioso
3 aprile 2012 - Manuela Galletta
Fonte: Cronache di Napoli

NAPOLI - "Vogliamo giustizia e dignità per i morti", gridano. E ancora: "La vita di un essere umano non ha prezzo". La rabbia di chi è morto sul posto di lavoro a causa dell`esposizione alle polveri di amianto esplode poco dopo le dieci e mezzo del mattino, quando dall`aula 115 del nuovo palazzo di giustizia al centro direzionale giunge la notizia che l`udienza preliminare istruita dinanzi al giudice Pietro Carola per la morte di due operai dell`Ati a Capodichino (esercente l`attività di manutenzione degli aeromobili), poi diventata Atitech a partire dal 2004, è stata rinviata ali`8 giugno senza che nulla venisse fatto: i difetti di notifica ad alcuni dei sedici imputati per duplice omicidio colposo e una serie di violazioni delle leggi in materia di sicurezza hanno impedito la trattazione del caso. "Vogliamo giustizia, vogliamo che i tempi siano brevi. Così si rischia la prescrizione. Non vogliamo un `altra sentenza amara come lo è stato quella per gli operai che hanno lavorato all'Eternit di Bagnoli": all`esterno dell`ingresso principale del tribunale una cinquantina di persone protestano e urlano la loro rabbia. Ci sono le mogli di Pasquale Quattromani e Aldo Converso, i due operai di Casalnuovo per i quali il pubblico ministero antimafia Francesco De Falco sta tentando di ottenere giustizia. Ci sono i loro figli . E chi, come loro, ha vissuto lo stesso dolore. Tra la folla ci sono i familiari di lavoratori deceduti per l`amianto della Firema di Caserta, dell`Eternit di Bagnoli e dell`Isochimica di Avellino, ma anche qualche collega di Quattromani e Converso. Si schierano tutti compatti, quasi a formare un muro. Tutti uniti, per lanciare un appello accorato ai giudici e non solo. La scritta sulle pettorine che ciascuno dei manifestanti indossa parla da sola: "Amianto in Atitech: Giustizia ". Giustizia per chi non ce l`ha fatta, per chi vive ancora ma è condannato alla morte, perché "da questo tumore non ñ `è speranza di guarire, non ci sono cure che riescano a sconfiggerlo ", dice la figlia di Pasquale Quattromani. Lui, Pasquale, è morto il 4 ottobre del 2009. La malattia gli era stata diagnosticata nel 2008. "Se ne sono accorti a Bruxelles. Mio marito aveva già subito lì un intervento di fegato molti anni prima, nel 1994. Ma abbiamo dovuto fare numerose visite, numerosi accertamenti prima che i medici se ne accorgessero racconta Sofia Ferrare, la moglie di Quattromani - Gli trovarono in un polmone un tumore piccolo come una testa di spillo. Decisero di operare. Intervennero dopo pochissimo tempo. Ma quando sono andati ad aprire per asportare il polmone e rimuovere così quel tumore hanno dovuto richiudere. Quella testa di spillo si era spalmata per tutto il corpo. In pochissimo tempo se l`è divorato". Pasquale ha vissuto per altri otto mesi. Otto mesi di atroci sofferenze. Sofia scuote il capo nel ricordare quei giorni. "Stava 24 ore su 24 attaccato al bombolone di ossigeno. Le funzioni corporee erano fuori controllo. E poi gridava... gridava come un pazzo. Sof- friva così tanto, non riesco a spiegare quanto dolore provasse. Gli abbiamo dato la morfina al massimo ma non è servito a niente". Pasquale, dice oggi la procura, è stato ucciso. Ucciso dai vertici dell`Ali che non hanno adottato tutte le misure di sicurezza per chi, come lui, ha lavorato al contatto con l`amianto. La storia di Aldo Converso è come quella di Pasquale, suo amico e suo concittadino. Aldo se ne è andato il primo novembre del 2006, il tumore gli era stato diagnosticato un anno prima. "Quando ci siamo sposati mio marito stava bene, era un uomo piene di energie. Poi ad un certo punto non è stato bene più. Mangiava poco, tossiva sempre. Mentre mangiava soffocava, non riusciva ad ingoiare. Doveva alzarsi da tavola e andare fuori al balcone a prendere aria - ricorda Olga Esposito, la moglie di Aldo Converso - Aveva sempre l`affanno, anche quando stava fermo. Sudava sempre. Non aveva manco la forza d riparar e un rubinetto che scorreva. Non ce la faceva. Poi dopo tanto tempo, dopo accertamenti su accertamenti, si è capito cosa aveva. Io mio marito non me lo sono mai goduta e neppure i miei figli. Questo non è giusto ".

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