Fallimento di Enerambiente aveva un passivo di 54 milioni
Insolvenza, un passivo di 54 milioni di euro, viene pronunciata una sentenza di fallimento per Enerambiente. Si chiude così, con un verdetto della settima sezione del tribunale civile, la storia dell'azienda che per anni ha fornito servizi al Comune per raccogliere la spazzatura dalle strade di Napoli. Sono stati i pm partenopei a chiedere e ottenere il fallimento di un gruppo societario collegato a una cordata di banche del nord Italia e attivo a Napoli almeno fino al primo semestre del 2010. Insolvenza, passivi milionari, una montagna di debiti. E non è tutto. Al di là del dispositivo del giudice civile (settima sezione, presidente Di Nos-se), ci sono indagini ancora in corso sulle attività svolte a Napoli da Giovanni Faggiano, avvocato brindisino per anni «ad» di Enerambiente, un'azienda presente sul territorio napoletano negli ultimi cinque anni. La storia è nota: Enerambiente è stata la principale fomitrice di mezzi e manodopera per Asia, municipalizzata di Palazzo San Giacomo nata per raccogliere e differenziare rifiuti, ed è al centro di un'inchiesta su ipotesi di tangenti in cambio di appalti. Uno sbocco inevitabile quello del fallimento, almeno alla luce di quanto ricostruito e accertato dagli inquirenti napoletani. Si parte da un passivo di 54 milioni di euro, si scava nei rapporti intrecciati da Enerambiente nei confronti di Asia, ma anche con le coop di lavoratori in campo ecologico. Perché tanta insolvenza? Ci sono state distrazioni pilotate? Quanto regge l'ipotesi bancarotta? Domande che spetta ai pm approfondire, in uno scenario che ruota attorno al ruolo di Faggiano. Difeso dai penalisti Agostino De Caro e Stefano Montone, Faggiano è stato scarcerato la scorsa settimana dopo sette mesi di cella a Poggioreale. Ha ottenuto il beneficio dei domiciliari, con un provvedimento firmato dai giudici del Riesame che fa emergere diversi punti degni di approfondimento investigativo. Rapporti con apparati giudiziari (agli atti anche il riferimento a non meglio identificati servizi segreti), ipotesi di tangenti versate dalle coop a Faggiano e indirizzate ai vertici Asia (non emergono altri riferimenti sul livello politico o amministrativo). Inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Gianni Melillo, al lavoro i pm Dando De Simone, Luigi Santulli, Maria Sepe, Ida Teresi, si scava sul retroterra dei rapporti di Faggiano: avrebbe gestito in un regime di monopolio gli appalti Asia e avrebbe tenuto a badale richieste delle coop di volta in volta chiamate a fornire manodopera. Un sistema che si è inceppato a settembre dei 2010, probabilmente a causa di una montagna di debiti su cui ora si attendono conclusioni investigative.