Acqua, l'«Abc» del referendum
Eccola la risposta alla crisi, alle borse nervose, alla lettera un po' arrogante della Bce e alle ricette alla greca. Ha un nome semplice, Abc Napoli. Acqua bene comune, il nuovo gestore delle risorse idriche approvato ieri dal consiglio comunale. Una promessa mantenuta, voluta in prima persona dal sindaco Luigi De Magistris e costruita pezzo dopo pezzo dall'assessore ai beni comuni Alberto Lucarelli, uno dei giuristi autori dei quesiti referendari. Tolta la sigla Spa, il nuovo gestore inizia la sua attività con uno statuto che accoglie in pieno la sfida del movimento per l'acqua pubblica: partecipazione alla gestione dei cittadini e dei lavoratori, nessun profitto e la garanzia del minimo vitale di acqua potabile sempre e comunque. Tre pilastri essenziali per rispondere all'ondata delle privatizzazioni che, passando per Bruxelles e Francoforte, sta arrivando in Italia, grazie alla politica economica del governo Berlusconi. La scelga del consiglio comunale di Napoli arriva in un momento delicato, quando sembrava ormai chiaro il tradimento del movimento referendario. Prima la manovra economica del 13 agosto, che con l'articolo 4 ha riproposto tout-court parte della legge Ronchi Fitto abrogata dal primo quesito referendario. Poi, qualche giorno fa, il parere del Conviri, la commissione per le risorse idriche del Ministero dell'Ambiente, che ha spiegato alla Consulta dei consumatori perché non verrà tolto il 7% di remunerazione del capitale investito dalle bollette, come chiesto dal secondo quesito referendario. «Metterebbe in crisi i gestori», ha sottolineato il presidente del Conviri Passino, riprendendo la tesi sostenuta dalle grandi società dei servizi pubblici. «La nostra è l'elaborazione di un modello altemativo da un punto di vista culturale, sociale ed economico», ha commentato Luigi De Magistris dopo il voto, sottolineando il valore della scelta napoletana: «Oggi non possiamo infatti essere dipendenti solo dalle borse di Tokio, di New York, di Francoforte, di Londra e di Milano». Per De Magistris la creazione di Abc Napoli è il primo passo del laboratorio politico nato lo scorso maggio: «I beni comuni sono il sapere, la conoscenza, la cultura, il mare, il territorio, intemet - ha scritto il sindaco di Napoli sui social network - e questi patrimoni non devono appartenere alle multinazionali e ai privati, perché non appartengono in fin dei conti nemmeno ai governi e agli stati, nemmeno ai municipi e ai governatori, bensì appartengono soltanto alle cittadine e ai cittadini di questo mondo». Il Forum dei movimenti per l'acqua ha subito accolto positivamente la creazione del nuovo gestore pubblico: «Si tratta delle prima effettiva attuazione del voto referendario, e della volontà di 27 milioni di cittadini, in una grande città», scrive il coordinamento in comunicato stampa. La legge pugliese - che ha creato un gestore regionale con la forma dell'ente pubblico pochi giorni dopo il referendum - secondo i movimenti per l'acqua era in realtà monca e parziale, perché non prevede meccanismi effettivi di partecipazione, mentre il diritto alla quantità minima di acqua è subordinato alle esigenze di bilancio. E proprio nei giorni scorsi in Puglia il dibattito sull'attuazione dei referendum ha visto la presa di posizione del capogruppo del Pd in Consiglio regionale a favore delle richieste dei movimenti, chiedendo l'immediata attuazione della riduzione del 7% della tariffa. Posizione respinta dall'assessore Amati, autore della legge regionale: «Non è percorribile ogni richiesta di riduzione della tariffa del servizio idrico integrato, compresa la riduzione del 7% di remunerazione del capitale investito, che è per noi un costo», ha spiegato richiamando alla posizione del governo, espressa dal Conviri.