Rifiuti tossici a Pianura, ecco la lista nera

Inchiesta della Procura sulle ditte che hanno sversato veleni. Da Milano, Torino e Bologna vernici, cosmetici e amianto
7 giugno 2008 - Leandro del Gaudio
Fonte: Il Mattino

I rifiuti tossici e le zone di provenienza L’ultimo blitz è dello scorso 24 aprile e porta la firma dei carabinieri del Noe di Venezia. Poche pagine per ribadire che anche la ditta «Servizi costieri srl» di Porto Marghera ha sversato «rifiuti tossici e nocivi». Non in un centro di bonifica a tenuta stagno del Veneto, ma a Pianura, Napoli, Campania. Poche pagine, l’ultima conferma sul flusso di rifiuti dal nord industrializzato a Napoli, destinazione finale «Contrada pisani», l’ultima discarica pubblica cittadina rimasta attiva fino a metà anni Novanta. Una lunga lista nera che basta da sola a confermare il recente monito del presidente Giorgio Napolitano sulle discariche usate a pieno regime dalle industrie settentrionali. Fascicolo 1499/08, è l’inchiesta nata sull’onda d’urto della mobilitazione popolare che lo scorso gennaio riuscì ad impedire la riapertura della discarica da tempo abbandonata. Indaga il pm Stefania Buda, in un’inchiesta coordinata dall’aggiunto Rosario Cantelmo, che punta decisamente in alto: epidemia colposa (un presunto incremento di tumori e malformazioni negli ultimi vent’anni sul versante occidentale dell’area metropolitana); e disastro colposo, in relazione a un possibile inquinamento di falde acquifere e stato dei luoghi. La lista è lunga e abbraccia un ampio lasso di tempo (dal 1987 al 1992), gli anni in cui il cratere di Napoli inghiottiva a pieno ritmo i rifiuti locali. E non solo, a giudicare, dagli accertamenti condotti finora dalla polizia giudiziaria delegata nell’indagine. Sono infatti decine gli scarichi autorizzati provenienti dalle province più disparate d’Italia. E a colpire di più sono i timbri di entrata e in uscita. Non solo quello delle ditte private, ma spunta sempre in bella vista il bollo delle Province di provenienza e della provincia di Napoli. Palazzo Matteotti, dunque, autorizzava sversamenti abusivi, illegali, di rifiuti tossici e pericolosi nel grande invaso gestito dalla ditta Di.Fra.Bi di Napoli. L’elenco fa rabbrividire: la provincia di Torino ha «vistato» lo scarico di «polveri di amianto bricchettate», quelle prodotte dal Centro di stoccaggio di Robassomero (centro stoccaggio Antonini Ferrara); mentre la Ferolmet di San Giuliano Milanese ha spedito a Napoli «fanghi a base inorganica», «pezzame esausto e terre di fonderia»; la Cimis di Sannazzaro di Pavia ha ottenuto invece il via libera per spedire a Pianura «terre di bonifica inquinate da gasolio». Passano gli anni, ma cambia di poco lo scenario, sempre per rimanere alle spedizioni autorizzate nel periodo finito sotto inchiesta: si va dai fanghi filtropressati di Chivasso, ai residui ospedalieri di Orbassano. Il profondo nord lombardo offre di tutto alla discarica di Pianura: la Jelli Wax di Opera nel 1990 ha scaricato a Napoli 52mila chili di «cosmetici scaduti e/o triturati»; le Fonderie Riva di Parabbiago hanno spedito in una sola gittata un milione e mezzo di chili di «scorie e ceneri di alluminio». C’è tutto il campionario di rifiuti tossici e speciali anche dalla verde e produttiva area padana: la provincia di Pavia, nel corso del 1992, autorizza cinque sversamenti della Set di Parona, dagli «scarti di resina alle morchie e residui di cabina». Quanto basta agli occhi del pm per puntare a precise responsabilità amministrative, prima ancora di stabilire l’incidenza dei rifiuti sulle condizioni di salute della popolazione residente. Un’inchiesta parallela viene invece condotta da tre mesi sulla ex discarica di Villaricca, quella indicata in un’intercettazione telefonica «a rischio Vajont», vista la pericolosa abbondanza di percolato, «una piscina di percolato», che rischiava di tracimare a causa di missioni dal nord più o meno autorizzate.

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