Bacoli (Napoli)

Ecco dove sono i rifiuti del nord

Nell'area flegrea, dove sono custoditi i residui tossici smaltiti dalle imprese settentrionali
I viaggi verso sud di un'azienda specializzata di Mestre. Con clienti illustri
6 giugno 2008 - Adriana Pollice
Fonte: Il Manifesto
Una stretta lingua di terra, chiusa tra il mare dei Campi Flegrei e la collina vulcanica che sale dalla costa, tutta curve. Tra rocce, poche spiagge, porticcioli turistici e ristorantini, i napoletani fuggono verso Pozzuoli e poi Baia e poi oltre, verso Miseno. La mole del Castello di Baia, a metà percorso, segnala la presenza della rada dove i romani ormeggiavano la flotta militare. Oggi i suoi bastioni di tufo segnalano una delle spiagge più tranquille dove prendere il sole. Alle sue spalle, la cava della Pozzolana Flegrea Srl, di proprietà dei Lubrano Lobianco, continua a custodire scorie e rifiuti tossici arrivati direttamente dalle imprese del nord, tramite la Nuova Esa di Marcon, provincia di Venezia. Il consiglio comunale di Baia il mese scorso ha deliberato di procedere alla bonifica dei suoli a carico dei proprietari che, con il loro piccolo traffico milionario, hanno contribuito a fare della cittadina sul mare uno dei comuni a più alta incidenza tumorale d'Europa.
«Basta leggere la relazione della commissione parlamentare sui rifiuti», le responsabilità delle imprese del nord nel disastro ambientale campano sono lì. Il presidente Napolitano replicava ieri ai leghisti invitandoli a consultare le carte, dove si racconta la storia di una magia, quella che trasformava le scorie tossiche delle imprese in materiale per l'edilizia, facendole sparire dal settentrione per farle riapparire nel meridione. Un metodo sicuro scoperto dall'inchiesta Houdini, dove il mago è la Nuova Esa, azienda specializzata, in collaborazione con la Servizi Costieri di Mestre, nel trattamento di rifiuti industriali smaltiti in giro per l'Italia, dal Veneto alla Puglia, dalla Sardegna al Lazio. Tra i suoi clienti ditte importanti come la Breda Sistemi Industriali, la Recordati, la Montefibre o la Centrale Enel di Fusina.
In Campania, la Nuova Esa aveva spedito ad Acerra, Giugliano e Villaricca carichi di idrocarburi, fanghi tossici, plastiche e scarti di demolizioni navali, rifiuti di fonderie di ghisa, polveri e limature di alluminio. Il tutto gettato senza alcuna messa in sicurezza di suolo, aria e falde acquifere. A Baia, in particolare, i carabinieri del Noe di Caserta varcarono i cancelli della cava nel 2003. Ad accoglierli un odore insostenibile d'ammoniaca, il giallo del tufo cancellato dalla presenza di rifiuti tossici altamente pericolosi come fanghi industriali, ceneri volatili, scaglie di alluminio e ferro, traversine ferroviarie impregnate di creosoto. Intono a loro nessun sistema per separare i rifiuti dal suolo sottostante, né di drenaggio e raccolta del percolato. Nulla che impedisse la dispersione delle ceneri tossiche nell'aria. Risultato: concentrazioni molto oltre il limite consentito di cloruri, cromo, cadmio e una massa di polveri derivate dallo smaltimento di limatura e trucioli di alluminio.
Polveri e schiumature di alluminio, poi, erano abbandonate senza precauzioni. Nessuno, della Nuova Esa, si era preso il disturbo di avvisare che si trattava di materiale da tenere all'asciutto, perché pioggia e umidità avrebbero provocato non solo l'emissione di ammoniaca ma anche il rischio di esplosioni. In una discarica con vista sul mare c'era una polveriera nociva, miscelata con terra e segatura per spacciarla come roccia e terra proveniente da scavi. Ad attestare il tutto certificati fasulli, mentre i camion erano già pronti a partire. I Lubrano, infatti, vagliavano, trituravano e trasformavano i rifiuti tossici in materiali da utilizzare in edilizia. Intorno un mucchio di big bag abbandonate, con su il logo della Nuova Esa. Così, l'inchiesta Houdini si incrocia con il processo in corso contro i Lubrano e la ditta Pellini presso il Tribunale di Napoli. In attesa che questo arrivi a sentenza, il sette febbraio scorso sono arrivate le condanne in primo grado presso il Tribunale di Venezia per quattro esponenti delle società venete: poco meno di 13 anni complessivi di carcere, pene maggiori di quelle richieste dal pm Giorgio Gava, e l'obbligo di risarcire le parti civili per circa mezzo milione di euro. La condanna più severa per Gianni Giommi, legale rappresentate della società di Marcon.
Quale fosse il sistema usato dalla Nuova Esa lo racconta Antonio Menga, comandante del Gruppo Roma tutela ambiente, durante un'audizioni presso la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: «Il contenuto di 50 camion di terra e rocce è stato contaminato dagli idrocarburi. Chiaramente, i camion sono andati a finire nel centro di stoccaggio e trattamento, che in realtà non trattava niente perché i rifiuti venivano miscelati con altre tipologie di rifiuti e, poi, andavano a finire nei ripristini ambientali. Infatti, la terra e le rocce contaminate dagli idrocarburi, classificate 170503, miracolosamente si trasformavano in terra e rocce non contaminate, classificate 170504».
Ancora sfogliando le carte del processo veneto, secondo il teste Ardone sono circa 200mila tonnellate i rifiuti trattati dalla Nuova Esa nel corso di un solo anno: «Se immaginiamo di mettere un camion attaccato all'altro, e mi sembra che il passante di Mestre siano più o meno 10 chilometri, riempiremo tutte e tre le corsie in andata e ritorno, con un camion attaccato all'altro». Un serpentone tossico che viaggia lungo lo stivale verso sud. La società di Giommi, per i suoi servizi, arrivava a incassare 300 delle vecchie lire al chilo dalle ditte del nord mentre ai titolari delle discariche ne pagava 7, raccogliendo profitti fino al 5mila per cento.

 

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