Ecomafie, un reato ogni due ore Campania devastata da 75 clan

Il dossier Legambiente: maglia nera da 14 anni. Allarme scorie nocive, sparite milioni di tonnellate
5 giugno 2008 - Corrado Castiglione
Fonte: Il Mattino

Mappa delle ecomafie Ecoreati, tocca ancora alla Campania - per il 14° anno consecutivo - il triste primato nella classifica dell’illegalità che come di consueto Legambiente ha diffuso sulla base dei numeri forniti da forze dell’ordine e magistratura. Sotto esame i reati che vanno dal ciclo dei rifiuti a quello del cemento, dal racket degli animali alla cosidetta «archeomafia» la Campania è prima con un vistoso incremento degli illeciti accertati (+56 per cento). E precede la Calabria, Puglia e il Lazio. Mentre la prima regione del Nord è anche quest’anno la Liguria. Notizie che arrivano nel giorno in cui nel Foggiano i carabinieri scoprono una mega discarica, forse la più grande d’Europa, riempita da una massa di circa 500mila tonnellate di rifiuti che hanno invaso un’area vastissima nelle campagne di Castelluccio dei Sauri, fino a deviare il corso del fiume Cervaro: agli arresti 12 imprenditori coinvolti a vario titolo nel traffico di rifiuti speciali e pericolosi e accusati anche di disastro ambientale. I dati di Legambiente in particolare accendono i riflettori su un’autentica montagna di rifiuti speciali scomparsi nel nulla: si tratta di 143 milioni di tonnellate di cui nel giro di nove anni si sono perdute le traccie nella semplice sottrazione delle quantità smatite ufficialmente e quelle sicuramente prodotte. Praticamente una montagna che soltanto per il 2005 (anno al quale sono aggiornati i dati) è alta all’incirca 14mila metri (con base tre ettari). In particolare la Campania è prima con 4.695 infrazioni accertate, 1.526 infrazioni in più rispetto al 2006, quando erano state 3.169. Ovvero qui si concentra il 15,6 per cento del totale nazionale, ossia quasi un reato su sei viene commesso in Campania, alla media di tredici reati al giorno, praticamento uno ogni due ore. Le persone denunciate per reati ambientali sono state 3.245, mentre i sequestri operati dalle forze dell’ordine sono 1.463. Mentre sono 222 le discariche abusive scoperte (il 40 per cento nel Napoletano). Si calcola che in tutto il Paese il business dell’ecomafia sia di circa 18 miliardi e 400 milioni di euro nel solo 2007. E se i dati ufficiali stimano in circa 100 miliardi il fatturato annuo delle cosche, ecco che quasi un quarto arriva da questo tipo di attività illecite: a questa somma poi vanno aggiunti gli investimenti a rischio nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia), laddove esiste un serio rischio di infiltrazione criminale negli appalti in opere pubbliche e nella gestione dei rifiuti urbani. Non a caso negli anni i livelli di attenzione di forze dell’ordine e magistratura si sono alzati: sono 95 le indagini che hanno contestato l’articolo 260 el Codice dell’ambiente, che colpisce l’organizzazione di traffico illecito di rifiuti; 600 le ordinanza di custodia cautelare emesse, 2.186 le persone denunciate, 520 le aziende coinvolte, 56 le procure impegnate, 19 le regioni e 10 le nazioni coinvolte. Il «sistema» è gestito da circa 239 cosche (75 in Campania): si va dagli ecomafiosi storici dei Casalesi a quelli nuovi del clan Gaeta con Cosa nostra che entra a pieno titolo nella gestione del ciclo dei rifiuti ed emerge la «multifunzionalità» del clan dei Casalesi, capace di spaziare dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dall’agricoltura al racket degli animali. Da qui la necessità per Legambiente di rinnovare l’appello «di introdurre i delitti contro l’ambiente nel nostro Codice penale» ha detto il presidente dell’associazione, Vittorio Cogliati Dezza ricordando che ci sono già proposte condivise ma che ora serve «volontà politica e tempo». Dalla Campania intanto c’è il presidente regionale Michele Buonomo che osserva: «Nel nome dell’emergenza per decreto si autorizza a sversare rifiuti pericolosi nelle discariche, caso unico nel panorama europeo, si crea una superprocura che ridimensiona totalmente il lavoro di tanti magistrati operanti sui territori dell’ecomafia».

 

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