La Procura indaga su una compravendita del 2002. I due siti si trovano nel Parco

Chiaiano, Fibe pagò le cave otto volte di più

Due aree che servivano a smaltire le ceneri dei termovalorizzatori sono passate di mano con costi lievitati
27 maggio 2008 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

Il 30 settembre 2002 fu un giorno fortunato per Giosuè Riccardi, oggi settantenne, residente ad Acerra. Davanti al notaio Carlo Iaccarino concluse infatti una trattativa favorevole come non sarebbe riuscito al più scafato tra gli uomini di affari. Acquistò a Chiaiano 5 ettari e 58 di terreno e la cava Barbato — a poche centinaia di metri da quella prescelta ora dal Commissariato come discarica — per 568.102 euro. Li ha rivenduti per un milione e 910.980 euro a Fibe, la società del gruppo Impregilo che si era da poco aggiudicata la gestione del ciclo dei rifiuti in Campania.
Fibe all'epoca cercava terreni e cave da utilizzare come sversatoio per immondizia tal quale, ecoballe o per il materiale combusto dal termovalorizzatore di Acerra, che avrebbe dovuto produre ceneri tossiche per un terzo dell'immondizia bruciata. Nello stesso giorno, davanti allo stesso notaio, Riccardi acquistò un'altra cava — un ettaro e 39 di terreno — per 233.000 euro e l'ha rivenduta per 1.570.000 euro. Compra da Della Corte e altri e rivende subito dopo a Fibe.
Quegli invasi di tufo alimentano ora gli incubi degli abitanti di Chiaiano, i quali temono che prima o poi saranno utilizzati come discariche. Ma sollecitano anche la curiosità di chi vorrebbe capire perché la società del gruppo Impregilo, nel 2002, abbia concluso una trattativa apparentemente così autolesionistica. Riccardi ora si limita a dire: «Io ho messo solo il nome, Fibe aveva promesso di assumere mio figlio, poi non si è fatto più nulla».
Il vero regista dell'operazione sarebbe Michelangelo Sposito, il cognato. Quella degli Sposito è una famiglia di Acerra che da anni «coltiva» le cave, prima nel Beneventano, poi a Chiaiano. Sono tra l'altro proprietari dell'invaso che, secondo il progetto di riqualificazione del parco delle colline metropolitane, dovrebbe ospitare un lago artificiale e una centrale fotovoltaica. Inutile, però, chiedere delucidazioni circa la compravendita d'oro. «Sono fatti lontani — replica cortese, al telefono, la moglie del signor Michelangelo — Se mio marito riterrà di dover fornire chiarimenti, si farà vivo lui».
Quanto a Fibe, ecco cosa dice Giovanni Frante, responsabile della comunicazione esterna: «Non saprei, è cambiato tutto il gruppo dirigente. Non abbiamo ancora deciso neppure cosa fare delle cave di Chiaiano». Nell'incertezza, lievitano i dubbi di Tommaso Sodano, l'ex presidente della commissione Ambiente al Senato: «La società del gruppo Impregilo — fa notare — ha pagato le cave all'intermediario otto volte di più di quanto quest'ultimo avesse speso, ma non si capisce perché».
Già a marzo 2005 l'ex senatore di An, Michele Florino, durante una seduta della commissione parlamentare Territorio ed ambiente aveva detto: «Il contratto della Fibe per le cave di Chiaiano è un boomerang. Pensate che colui il quale ha acquistato i suoli qualche mese prima, per 400 milioni, li ha poi rivenduti alla Fibe per la somma di 2 miliardi e 250 milioni delle vecchie lire».
Sulla compravendita ora indaga la Procura di Napoli. Il pubblico ministero Antonio D'Alessio, del pool coordinato da Aldo De Chiara, intende infatti verificare se ci siano state pressioni di Fibe sul Commissariato, affinché fosse individuata una discarica a Chiaiano. I magistrati intendono anche far luce sul piano di lottizzazione — 460 appartamenti — che cooperative legate ai Simeoli, potenti costruttori di Marano già al centro di un maxi sequestro per abusi edilizi lo scorso anno, hanno in progetto in un'area verde che dista meno di un chilometro dalla cava individuata dal Commissariato. La lottizzazione, prevista dal piano regolatore di Marano del 1987, da più parti considerato un cadeau al partito del cemento. Nell'ambito della protesta contro la discarica, fondamentalmente spontanea si muovono forse (questo il sospetto dei magistrati) anche frange reclutate per difendere gli interessi dei palazzinari. Tra rifiuti e cemento, il parco delle colline rischia intanto di morire prima ancora di decollare.

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